Giù la maschera. La storia del romanzo Le allegre comari di Windows (Genesi Editrice, 2024) di Roberto Costantini è tutta dietro la “copertina” e, senza dubbio, non è un testo per soli lettori di parole. Siamo oltre le apparenze e le forme consolidate: Costantini recupera una vicenda dal passato, da quegli anni Novanta in cui l’oblio sulla propria identità sessuale era una sorta di obbligo inconscio per sopravvivere in una società immatura rispetto all’accettazione naturale della libertà altrui e, dunque, ipocrita, se non a tratti violenta, nella negazione dell’omossessualità e della transessualità.

Lo fa con la drammatica storia di Andrea/Pinona e col suo viaggio di transizione sessuale e il sogno di diventar Mammina, ma non tutto è come appare. E’ un viaggio verso il concepimento: ma quale? Quello del suo “bambino” o quello di se stessa? Rinascere, in fondo, è un po’ come morire… D’altra parte Pinona combatterà per tutto il tempo col dolore di non poter mettere al mondo un figlio della sua carne, ma soprattutto con quello di non potersi prendere neanche cura di Daniele, quello del suo compagno bisessuale Patrizio.

Così con un uso sapiente ed ilare della lingua e dei dialetti, partendo dalle prima chat-room nelle quali le persone coinvolte nel medesimo faticoso presente esistenziale si ritrovavano, e con un audace tocco di erotismo, nasce un romanzo che racconta uno spaccato di duri anni di luoghi comuni e di disinformazione sull’omossessualità. Stigmatizzata, condannata, ma anche vissuta con leggerenza e consapevolezza dai diretti interessati in n realtà come quelle virtuali.

L’Italia degli anni Novanta, il suo costume e la sua socialità, non sono solo una cornice alla storia di Pinona e di tutti i personaggi che orbitano attorno a lei, da Silvia a Daniele, da Patrizio a GalantOmo, da @Guapp a ScandalOrsa e tanti altri. L’atmosfera, gli oggetti, le abitudini sono proprio quelle, in un continuo di rimandi realistici in dialetto popolare romano, che avvita la storia nella Capitale, pur spaziando – in realtà – in tutta la Penisola, a livello concreto, tanto quanto metaforico. In fondo è la storia di Pinona, ma è – soprattutto – una storia d’amore negato come quella che può potenzialmente riguardare ognuno.

Ci sono le dediche a Mimì, la TV col tubo catodico, i primi Computer, il festival di Sanremo del 1996 con la Giorgia di “Come saprei”….Come saprei amarti io…è un po’ ciò che tra le righe si continua a ripetere Pinona, pensando al suo amore perduto, a quel suo figlio di cui vorrebbe essere Mammina, ed è un po’ quello che pensano tutti i personaggi troppo presi a “difendersi” dalla vita per potersi dedicare esclusivamente all’amore.

E al netto della realsticità e drammaticità della storia, dell’ilarità del linguaggio, dell’originalità delle chat riproposte, c’è anche, lungo tutto il testo, la poeticità di cui Roberto Costantini è stato finora autore di successo con le sue sillogi pluripremiate. Il libro è concepito come un “antiromanzo” – come sottolinea anche l’editore – in cui la trama e l’intreccio risultano ingarbugliate tra fatti, chiacchiere, andirivieni di ricordi e telefonate/soliloqui che si alternano a messaggi in chat e dialoghi diretti.

La poesia c’è nel vestire con un sorriso il dolore di quella generazione – talvolta ancora condiviso: quella generazione costretta a nascondersi nei suoi desideri e sentimenti. C’è nella delicatezza delle parole scelte per farlo, nella nomenclatura della capitolazione: Antiphona ad introitum, Kyrie eleison, Sanctus, Offertorium, Lux Aeterna, Dies Irae, Lacrimosa, Stabat Mater.

Direttamente il Requiem di Mozart per seppellire un dolore, quello di Pinona, ma anche quello dell’autore per un amico insostituibile e mai abbastanza compianto, Marco Castiglione. Sotterarlo per vederlo rinascere a nuova gioia…alla luce della verità sulla propria persona a cui ognuno ha diritto. Alla luce della speranza di nessun volto più trincerato dietro una maschera…

Antonia De Francesco per MIfacciodiCultura