L’immagine di Cristo benedicente, Salvator Mundi come dimostra il globo che sorregge in una mano, fu commissionato a Leonardo da Vinci da un committente privato che potrebbe essere Luigi XII Re di Francia nei primissimi del ‘500, non appena il pittore lasciò Milano. La tela è stata autentificata solo nel 2011 a causa di una serie di rocamboleschi viaggi che ne fecero perdere le tracce per molti anni e l’autenticità. Ereditata dal testamento della moglie di Luigi XII da confraternite cattoliche arrivò così all’abazia francescana di Canterbury ma in maniera alterata, con numerosi rifacimenti rispetto al disegno originale: al Cristo benedicente qualcuno aggiunse barba e baffi!

Le condizioni di cattivo stato in cui riversava fecero pensare ad una copia o ad un lavoro di bottega di Leonardo. La tela sul retro aveva addirittura uno squarcio, come se fosse stata attaccata, molti strati di vernici e segni diversi che ricoprivano i colori reali. Soltanto all’emergere delle tonalità autentiche della trama dell’opera, alla visione dello sfumato e alla qualità dei rossi e degli azzurri, simili ai pigmenti dell’Ultima Cena e della Vergine delle Rocce gli studiosi hanno autenticato l’opera come capolavoro di Leonardo da Vinci. Siamo di fronte ad un ennesimo mistero dell’artista geniale.
Nello sguardo fisso del Cristo sembra celarsi ancora il mistero della Gioconda.

Un Cristo giovane, dagli occhi nocciola e i capelli lunghi, guarda fermo verso lo spettatore catturandone totalmente l’attenzione. Lo sfumato eccessivo lo rende sovrannaturale. Si staglia a mezzo busto da uno sfondo buio che ne esalta ancora di più le forme e le vesti preziose. È dipinto come un re, come il Salvatore del Mondo. La mano destra si alza in segno di benedizione mentre l’altra regge una sfera trasparente. L’iconografia del Cristo benedicente era tipica dell’arte fiamminga, conosciuta all’epoca anche in Italia. Il taglio a mezzo busto invece era una peculiarità tipica del Rinascimento. Già il fiammingo Petrus Christus aveva immortalato sulla tela il volto umano di Cristo generando una rapida diffusione di questa immagine iconica che ispirò anche Antonello da Messina nel suo Cristo benedicente e Memling. Sono tutte opere databili poco prima dell’esecuzione di Leonardo, che dunque sicuramente conosceva, ma mai nessun artista prima di lui era stato in grado di donargli così tanta intensità da parer vivo.

Non ha gli attributi della passione, come le gocce di sangue o la corona di spine ma si rifà alla corrente inaugurata da Jan Van Eyck nella sua Imago Christi, di un Cristo vincitore, sereno, vestito in abiti regali. Il Salvator Mundi di Leonardo appare trionfante, presente, vitale nonostante la posa statica. Quella mano benedicente così perfettamente naturale, sembra davvero innalzarsi davanti ai nostri occhi. E quella sfera che per la prima volta in assoluto è raffigurata trasparente e vuota, per alcuni è sintomo di un errore leonardesco perché non distorce la luce e le vesti retrostanti, per altri invece è riprodotta con perfetta simmetria. Un corpo fragile che le dita di Cristo afferrano con solidità, come solo un abile maestro come Leonardo da Vinci poteva riprodurre.

Alejandra Schettino per MIfacciodiCultura