La Fornarina e la Velata

C’è una donna ritratta con i seni scoperti da un trasparente velo che con gli occhi e con la posa ammiccante stuzzica e ammalia chi la guarda. È la donna di Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520), sua amante e musa ispiratrice, l’unica che amò nel profondo fino alla morte. La storia la conosce come la Fornarina ma il suo vero nome è Margherita Luti, o Luzzi, figlia di un fornaio trasteverino. Il fascino dell’unica donna che abbia davvero conquistato il principe delle arti, colui che amava la bellezza in ogni forma e i piaceri della vita, ha alimentato una vera e propria leggenda romana.

Si racconta che il primo incontro fra i due avvenne fra le strade di Trastevere, precisamente in via Dorotea al civico 20, dove sorge una casa quattrocentesca con una finestra ad arco acuto dalla quale si sarebbe affacciata la bella Fornarina. Passeggiando con gli occhi al cielo, alla vista della fanciulla intenta a pettinarsi, Raffaello se ne sarebbe perdutamente innamorato. Una passione travolgente che non riusciva ad evitare tanto da volere la fanciulla sempre con sé. Margherita divenne musa di molti suoi quadri d’età matura. È la protagonista della Velata (1516), della Madonna della seggiola, della Madonna Sistina e di quella di Foligno. Il suo volto ritorna anche nella Trasfigurazione, la sua ultima opera.

Particolare del gioiello della Fornarina

Vasari racconta che il ricco banchiere Agostino Chigi, committente di Villa Farnesina, vicino al luogo dove avvenne il fatidico incontro fra gli amanti, era disperato perché Raffaello minacciava di lasciare l’affresco del Trionfo di Galatea incompiuto se non avessero esaudito il suo desiderio. Raffaello desiderava portare con sé la Fornarina nel cantiere della villa, vivere sotto lo stesso tetto e lasciarsi ispirare dal suo volto per la bella ninfa Galatea.

Nel ritratto del 1520, conservato a Roma presso Palazzo Barberini, che molto probabilmente Raffaello fece per se stesso, la sua amata dagli occhi bruni, profondi, e i tratti marcati è raffigurata come una Venere pudica. Nel gesto delle mani che fanno per coprirsi le nudità in realtà si attira lo sguardo su ciò che si vorrebbe nascondere. La pelle candida è invasa di luce in un meraviglioso contrasto con la penombra dello sfondo che la fa balzare fuori. Nella parte alta del dipinto si intravede il contorno di un cespuglio di mirto, attributo di Venere e della fedeltà matrimoniale.

Raffaello e la Fornarina, Jean-Auguste-Dominique Ingres, 1814

La Fornarina è vestita solo di un bracciale sul quale si legge chiaramente la firma elegante in oro Raphael Urbinas, sul braccio, e di un turbante orientale che le raccoglie i capelli, come quelli che riprenderà Ingres sulle sue odalische. Tra la seta del turbante appare anche un gioiello, una perla sulla fronte, che ritorna anche sul capo della Velata. È uno stratagemma dell’artista per celare nell’opera il nome della donna ritratta, la sua amata Margherita che nell’accezione greca significa appunto perla.

Raffaello non perdeva occasione per esaltare la bellezza della sua dama e renderla eterna nelle opere, eppure era all’epoca promesso sposo di Maria Bibbiena, nipote del potente cardinale che insisteva per le nozze. Ma Raffaello usava la scusa degli impegni artistici per rimandare l’impegno. Eppure si racconta che nel ritratto la Fornarina in origine al dito portava un anello nuziale, misteriosamente cancellato dagli allievi di Raffaello. Questo ha avvalorato alcune ipotesi di un matrimonio segreto avvenuto fra i due amanti. Sposati o meno il loro fu un amore così profondo che in seguito all’improvvisa morte di Raffaello, secondo Vasari dovuta proprio agli eccessi amorosi, la bella Margherita addolorata decise qualche mese dopo di chiudersi nel convento di Sant’Apollonia a Trastevere.

Alejandra Schettino per MIfacciodiCultura