Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – New York, 15 maggio 1967) è senza dubbio uno dei pittori americani più amati. Entrato nella cultura popolare, le sue immagini ispirano ancora oggi dai produttori di tovagliette ai grandi registi. Il 22 luglio del 1882 nasceva l’artista che ha svelato l’altra faccia dell’american way of life.
hopper-self-portrait-1925-30 (1)
Autoritratto (c.1925-30)

Originario di una piccola cittadina sul fiume Hudson, Nyack, Hopper studia illustrazione e grafica al New York Institute of Art e per quindici anni progetterà copertine di riviste alla C. Phillips & Company. I colori dei suoi dipinti e le inquadrature devono molto anche a questa sua formazione.

Considerato un maestro del realismo, i termini che ricorrono più spesso nella descrizione delle sue opere sono solitudine, desolazione, immobilità… Perché se Hopper è il “Caravaggio del nostro tempo” (come lo ha definito Vittorio Sgarbi), la sua modernità sta anche nell’evocare nello spettatore qualcosa che sta al di là di ciò che è dipinto. È per questo che, senza contraddizione, si possono accostare alle sue atmosfere quelle metafisiche per esempio di un De Chirico (le cui opere Hopper ebbe l’occasione di vedere in uno dei suoi soggiorni parigini). Il tempo si ferma e quello che ci viene mostrato è un ambiente sconfinato che non può essere riempito dai pochi personaggi soli anche quando in compagnia.

È un capovolgimento di valori rispetto all’American dream che promette benessere e felicità per tutti, all’idea di progresso che vorrebbe l’uomo forte come non mai, capace di sottomettere il mondo con la tecnologia, alla modernità come epoca del dinamismo. Gli uomini di Hopper forse conoscono il benessere materiale, forse sono dei buoni consumisti, ma non dimostrano di essere felici, né di essere forti o dinamici.

Vittorio Sgarbi

Edward Hopper, House by the Railroad, 1925, MoMA, New York. Ispirò il Bates Motel di Hitchcock in "Psycho" (1960).
Edward Hopper, House by the Railroad, 1925, MoMA, New York. Ispirò il Bates Motel di Hitchcock in “Psycho” (1960). Il film piacque molto all’artista.

Per questo Edward Hopper è un artista profondamente americano, anche se deve molto agli artisti europei (era affascinato da Manet e Degas). In scena non ci sono solo ambienti interni, ma anche scorci urbani e paesaggi mai rappresentati prima, come la pompa di benzina. L’antica America rurale sta scomparendo spazzata via dalla modernità della società dei consumi. I dipinti sono contraddistinti da una certa semplicità, pochi personaggi o nessuno, ma la luce proietta sulla realtà un’ombra di inquietudine, un senso di mistero.

Io credo che i dipinti di Hopper trascendano l’apparenza dell’hic et nunc e collochino chi li osserva in uno spazio virtuale in cui predomina l’influsso e la sovrabbondanza del sentimento.

Mark Strand

I suoi tagli cinematografici hanno influenzato molti registi, da Alfred Hitchcock a Chantal Akerman, da Wim Wenders a Todd Haynes, e anche fotografi, come Gregory Crewdson.

Niente male per uno che diceva: «tutto quello che voglio è dipingere i raggi del sole sul lato di una casa».

Ilaria Porro per MIfacciodiCultura