Uno dei mali della letteratura, del cinema, della televisione è l’importazione del format. La morte della creatività, la mancanza di coraggio. Se dall’imprenditore comune, soprattutto italiano, stante la vocazione parassitaria è esattamente quello che ci si aspetta, in arti & mestieri che hanno a che fare con la creatività il danno è più evidente e clamoroso. Un tanto, abbiamo pensato quando abbiamo letto le prime avvisaglie dell’ingresso in letteratura di Alessia Gazzola e del suo personaggio principale (si dice personaggia, adesso? Non lo so, davvero), Alice Allevi, che manco a dirlo compare in un arcinoto romanzo intitolato L’ Allieva. Dobbiamo ammetterlo, continuiamo pervicacemente ad avere questa idea da romantici rottami, che per scrivere bisognerebbe avere qualcosa da dire, e non solo la brama di dire. E diffidavamo parecchio, di questa Allieva, di questa allitterazione della A, del richiamo tra autrice ed eroina, di questa doppia iniziale dell’eroina, dell’assonanza Allieva-Allevi. Ci pareva tanto marketing e poca letteratura, già destinata a quelli che una volta si chiamavano sceneggiati e adesso sono virati in fiction. Ci lasciava anche perplessi questo racconto del “libro nato per caso”, che fa tanto J.K. Rowling e un po’ piccola fiammiferaia. Ma soprattutto ci lasciava diffidenti come un tacchino a Natale questa ambientazione nel rutilante mondo della medicina legale, nel quale a livello mondiale ci avevano già fatto entrare Patricia Cornwell e Kay Scarpetta, Kathy Reichs e Temperance Brennan aka Bones: sapeva di vittoria quanto il napalm al mattino, sapeva appunto di quel grido di battaglia che ci ha dato i RIS a valle dei vari e a volte deprecabili C.S.I. (ma non quello primigenio, con Grissom per intenderci): no, non A-Hu, ma “Facciamolo anche noi!”, in grado di produrre disastri come La fuggitiva (ragazzi, ma nemmeno il titolo? Di un’idea del 1963?). Solo che un conto è importare un format di un quizzetto, un GF comunque declinato, un talent: altro è andare a disturbare la nobile arte del romanzo giallo. Insomma, avevamo basse aspettative, per questa Allieva: ma ovviamente, i pregiudizi vanno approfonditi, ché sono evoluzionisticamente leciti ma vanno sottoposti a prova sperimentale. Così facendo, abbiamo dovuto correggere il tiro: in effetti, l’ Allieva non è affatto un giallo, ma piuttosto un rosa, un prodotto in cui le proporzioni tra trama thriller e vita privata della protagonista sono invertite rispetto a Scarpetta – Bones: Gazzola scrive intrecci da soap opera, in cui vengono inframezzate sottotrame del tutto indifferenti, in cui effettivamente ci sono degli omicidi e uno spruzzo di anatomopatologia. Intendiamoci, nulla di male in ciò, né di troppo inconsueto: spesso il reale genere di un lavoro differisce da quello nominale: E.R. era una serie medical, Grey’s anatomy una serie romantica ambientata come un medical (e House è, in fondo, un giallo classico alla Ellery Queen). Però, viste le apparenze abbiamo dovuto occuparcene nell’ambito delle nostre DonneNoir, per poi scoprire con un certo disappunto che di noir, nel lavoro di Gazzola, non c’è praticamente nulla. E tanto basterebbe. Come prova a carico ulteriore, portiamo la versione fiction delle storie di Allieva Allevi, con Alessandra Mastronardi che ride praticamente sempre (speculare, nel male, ad una lamentosa e incredibile, etimologicamente parlando, Vittoria Puccini per tornare alla Fuggitiva),  sempre a tirare le fila di una pletora di personaggi nessuno dei quali si eleva al di sopra del rango di macchietta (e Lino Guanciale, bravo come Commissario Ricciardi, sempre sopra le righe, clamorosamente). In definitiva, Allieva Fiction sta ad Allieva Romanzi come il feuilleton sta a soap opera. Ciò non toglie, naturalmente, che ciò che tocca Alessia Gazzola sia un successo, a partire appunto dalla sua Allieva: ma questo rende forse il nostro giudizio troppo severo? Il nocciolo della questione, ribadiamo, è che nonostante tutto le storie dell’Allieva non sono gialli – thriller, tutto qui. E se sembra un’affermazione gratuita, vadasi a leggere che il genere letterario delle storie di Gazzola sull’ Alleva è rappresentativo della cosiddetta chick lit. Non ci vergogniamo di dire che abbiamo dovuto approfondire, scoprendo che lit sta per literature e chick per chicken: insomma, letteratura da (per?) pollastrelle. Per inciso, avete mai sentito una definizione più sessista di questa? Sorvolando sulla possibile valenza letteraria di un concetto del genere, orripilati, la chiudiamo qui.

 

Vieri Peroncini per MifacciodiCultura