Quinto Orazio Flacco, il mito della classicità e il carpe diem

Orazio«Animae dimidium meae». Queste parole sono riferite a Virgilio, il poeta latino per eccellenza, precisamente dell’età di Augusto. La metà della mia anima, viene espresso: è Quinto Orazio Flacco, a dirlo, un altro dei poeti della classicità per definizione, per indicare il suo rapporto di profonda amicizia con l’autore dell’Eneide, uno dei più celebri poemi di tutti i tempi.

Orazio nacque a Venosa, tra Puglia e Lucania, probabilmente l’8 dicembre del 65 a.C, da una famiglia di umili origini, ma non per questo di condizioni economiche disagiate, poiché suo padre era un liberto ed era esattore delle aste pubbliche. Perciò Orazio poté studiare filosofia nelle accademie romane e poi ateniesi, e decise di entrare proprio nel circolo di Mecenate nel 38 a.C su consiglio di Virgilio, perché fosse introdotto nell’ambiente culturale del tempo, circondato da un contesto elitario, prestigioso e raffinato. Lo stesso patrono e amico Mecenate gli donò la villa in Sabina, luogo che egli predilesse per la quiete che conciliava la sua attività letteraria, stando così lontano dal caos della città, dalla sua corruzione. Infatti molto spesso Orazio elogia nei suoi componimenti la vita di campagna, che si addice al pastore così come al poeta. Per il resto, eccetto che non ebbe né moglie né figli, non si conosce granché sulla sua biografia: progressivamente abbandonò la scrittura poetica, fino a quando morì nell’8 a.C, e fu sepolto sull’Esquilino proprio accanto a Mecenate.

La produzione di Orazio è vasta e complessa: comprende raccolte di Satire, Epòdi, Odi, cui si aggiungono le Epistole e l’Ars poetica  (una lettera particolare in cui sono contenuti precetti di poetica, appunto). Per quanto riguarda le Satire, Orazio decise di dedicarsi appositamente a questo genere poiché non aveva un corrispondente vero e proprio nella letteratura greca, così fece una riflessione critica e un’elaborazione concettuale. Partì da Lucilio, iniziatore del genere satirico latino per eccellenza, quindi cercando i modelli della sua ricerca, e stabilì un collegamento con la commedia greca, grazie alla modalità dell’attacco personale e del contenuto moralistico presente. Gli Epòdi invece sono diciassette componimenti che Orazio scrisse contemporaneamente alle Satire, nei quali si rifà ai modelli greci di Archiloco e Ipponatte, spaziando da un tema all’altro con vivacità, ad esempio dal pensiero politico alla magia, dalla poesia civile all’invettiva, dall’elogio agreste al filone erotico.

Ma, secondo il gusto comune, ciò che rese Orazio un poeta particolarmente apprezzato, destinato a essere ricordato, sono le Odi: anche in questo caso vi è un riferimento alla tradizione letteraria greca, grazie ad Alceo e a Pindaro. Interessante della raccolta è la contrapposizione tra due diverse concezioni della poesia: che sia il risultato di un’ispirazione geniale o che sia frutto del labor limae, ovvero un lavoro di rifinitura preciso, continuo, a tratti maniacale. E Orazio scelse il secondo metodo, facendo così della poesia l’arte della sua vita, strumento privilegiato di espressione, di arricchimento interiore e di bellezza.

I resti della villa di Orazio a Licenza (Lazio)

A tal proposito, non si possono non citare i componimenti che ritraggono Cleopatra, Pirra, l’esortazione al carpe diem«Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus» è l’incipit che ha immortalato la regina Cleopatra sconfitta dall’imperatore Ottaviano; la giovane seducente e affascinante Pirra è descritta come colei che non sa costruire un profondo sentimento d’amore, ma preferisce giocare e divertirsi con il cuore dei suoi amanti, che cadono nelle sue tentazioni. E infine il messaggio del cogli l’attimo, motto che ha sempre avuto autonomia, anche rispetto al componimento  oraziano. Il poeta ritrae un uomo maturo e saggio e una ragazza giovane che non vede l’ora di conoscere il suo futuro. I due si trovano su una spiaggia, davanti al mare in burrasca, e sono lì, parlano soltanto di un messaggio profondo che la vita può lasciare, o meglio di una prospettiva con cui la vita si può prendere. L’uomo che ha già vissuto esperienze consiglia alla ragazza che ha fretta di crescere non il coltivare speranze troppo lunghe, che potrebbero risultare vane, bensì la invita a cogliere il presente per come viene, ciò che il destino le concede, nelle piccole gioie e nei dolori. Tuttavia non bisogna ritenere questa riflessione negativa e densa di pessimismo, e nemmeno un’esortazione a tuffarsi nei piaceri della vita casualmente e senza logica: ciò che Orazio vuole far capire è vivere ogni istante della vita con intensità, ricercando e raggiungendo la felicità che crediamo di meritarci. 

Francesca Bertuglia per MIfacciodiCultura