Cesare Segre, del quale scriviamo in ricordo, è stato filologo, linguista, semiologo e critico letterario, professore emerito all’Università di Pavia. Nato a Verzuolo il 4 aprile del 1928, ci ha lasciati il 16 marzo del 2014, impoverendo un già devastato sostrato culturale italico. Fortunatamente, nei suoi 86 anni Segre ha avuto modo di occuparsi delle materie sopra dette, a Pavia appunto ma anche a Trieste, e come visiting professor in atenei di prestigio mondiale come Rio de Janeiro, Manchester, Princeton, Berkeley e Harvard.

Se non possiedi la struttura della tua lingua, non sei in grado di imparare le altre: per questo le campagne a favore dell’inglese non hanno senso se non accompagnate ad un miglioramento dell’italiano.

Cesare Segre
Cesare Segre

Né hanno senso, aggiungiamo noi, neppure gli accorati appelli dei docenti universitari italiani di recente alla ribalta della cronaca con una lettera a 600 firme indirizzata al governo per denunciare lo stato di semi-analfabetismo degli studenti, se prima non si inculca la consapevolezza dell’importanza di questi assunti, che Segre sapeva esprimere in maniera mirabile e chiara, ben lontana dal difficilese di chi ha necessità di mascherarsi dietro termini e costruzioni per celare più che svelare.

Collaboratore di prestigiose riviste di settore quali Studi di filologia italiana, Cultura neolatina, L’Approdo letterario, Paragone, Strumenti critici, Esperienze Letterarie, condirettore di Medioevo romanzo e della collana Critica e filologia per Feltrinelli, e inoltre redattore della pagina culturale del Corriere della Sera. Autore di una trentina di volumi, si occupò di temi quali I segni e la critica (1969), I metodi attuali della critica in Italia (1970), Le strutture e il tempo (1974), Lingua, stile e società (1976), Avviamento all’analisi del testo letterario (1985), Notizie della crisi (1993), cui aggiungiamo nel 1999 la semi-autobiografia Per curiosità. Una specie di autobiografia, incentrata sul suo percorso intellettuale.

Uno studioso attento, profondo, quasi elitario Cesare Segre, ma con un occhio ben aperto sull’attualità, censore dei costumi con piglio critico quasi irrisorio e divertito, e attento a che il suo pensiero si comunicasse realmente.

Non dimentichiamo che i cosiddetti attributi se da un lato vengono usati a designare vigore e potenza, dall’altro sono sinonimo di stupidità (sia declinati al maschile che al femminile, in vera par condicio, ndr): una molteplicità di significati che ci porta nell’indifferenziato, là dove la parola non è stata ancora affilata per interpretare il mondo.

Dalla lingua alla politica, ovviamente, il passo è breve, specie in tempi – ed in luoghi, anche – dove si può trovare confusione tra Parlamento e parlatorio, e dove la fallolatria di Segre può trovare buona corrispondenza col celodurismo come manifesto “politico”:

la nostra classe politica, che in tempi lontani annoverava ottimi oratori e parlatori, tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di ottenere più facilmente il consenso ponendosi ad un livello meno elevato. È la tentazione, strisciante, del populismo. Naturalmente questo implica il degrado anche delle argomentazioni, perché, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile.

Cesare Segre
Cesare Segre

Il degrado, naturalmente, è inarrestabile, e coloro i quali tentano di arginarlo ricordano sempre più qualcuno che volle arginare la falla della diga infilandovi un dito: basti pensare che Segre si è perso lo show mediatico legato al referendum costituzionale, ad esempio, o l’ascesa irresistibile di alcuni personaggi dal populismo feroce, eppure la sua opinione era già ben definita in senso catastrofistico.

D’altronde, se si odia ciò che si teme, si teme ciò che non si comprende, e non si comprende ciò di cui non possediamo le chiavi di decrittazione, come possiamo noi sperare di non assistere al ritorno di fiamma dei peggiori oscurantismi?

«È impossibile conoscere gli uomini senza conoscere la forza delle parole» diceva Sigmund Freud. Possiamo solo, pervicacemente, continuare a leggere: anche Cesare Segre.

Vieri Peroncini per MIfacciodiCultura