Enrico Caruso, storia di una voce che nasce dall’anima

Enrico Caruso, storia di una voce che nasce dall'animaEra il 1873 quando Enrico Caruso (Napoli, 25 febbraio 1873 – Napoli, 2 agosto 1921) emise il suo primo acuto in una delle vecchie strade del quartiere San Carlo all’Arena di Napoli. Un ragazzetto del Sud, figlio dei sobborghi napoletani, vissuto nella povertà accanto agli scugnizzi scalzi e malvestiti, destinato a diventare una delle voci più conosciute e potenti della lirica mondiale.

Primogenito di una famiglia poco fortunata (che aveva visto morire 10 figli prima di dare alla luce Enrico), l’infanzia di Caruso non fu facile: padre alcolizzato, madre malata, entrambi nutrivano grosse speranze per il figlio. Caruso lavorò molto come operaio nella fonderia di don Salvatore De Luca prima di affacciarsi al mondo del canto, maturando le prime esperienze all’interno del coro della parrocchia vicino casa: a 15 anni fu chiamato “il vento che passa tra i vetri” a causa della voce esile e particolarmente melodica.

Scoperto da Eduardo Missiano, nel 1895 il Carusiell debuttò a Napoli al Teatro Nuovo in un’opera di Domenico Morelli: L’amico Francesco; da qui in poi partecipò una serie di spettacoli tra Caserta, Napoli, Salerno e anche Livorno e Milano. Ma l’Italia non bastava più.

Caruso fece infatti numerose esperienze in teatri internazionali, allontanandosi dalla propria terra: si racconta che sarebbe stato dovuto all’evento – probabilmente un falso storico – dei famosi fischi al San Carlo di Napoli. Pare, in realtà, che secondo le recensioni dell’epoca ci furono applausi e richieste di bis “a furor di popolo”. Ma l’Italia, ormai, sembrava non apprezzarlo più, al di là della veridicità di questo evento.

Una fra le più importanti esperienze maturate fuori dai confini italiani fu quella americana, col debutto al Metropolitan di New York nel 1903: un debutto, quello col Rigoletto, che di fatto avrebbe collocato per l’eternità il nome di Caruso tra quelli dei più grandi artisti che la Terra abbia mai ospitato. L’America, al contrario dell’Italia, riconobbe l’importanza e le potenzialità del cantore, tanto da celebrarne ancora oggi il culto ed istituire un museo carusiano: un museo che racconta la parabola artistica dell’uomo, che commemora la cultura italiana e, più nello specifico, la belle epoque napoletana. Un museo che rivela il percorso di Caruso nella moderna industria americana dello spettacolo, della pubblicità e della vendita dei primi dischi di musica napoletana (Core ‘ngrato, brano ispirato alla sua sfortunata storia d’amore con Ada Giacchetti, fu il primo brano ad essere inciso, risultando un vero e proprio successo).

Il successo di Caruso è legato alla doppia anima del cantore: da un lato icona di napoletanità in quanto interprete delle immortali melodie napoletane (per citare Lucio Dalla «Te voglio bene assaje/Ma tanto tanto bene sai/È una catena ormai/Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene sai»), dall’altro uno dei più tenori osannati nei più grandi teatri al mondo, a tal punto da far affermare a Richard Strauss che il napoletano cantasse l’anima della melodia.

  Sarebbe diventato cantante anche se fosse venuto al mondo senza corde vocali.

Joseph Roth

Enrico Caruso, storia di una voce che nasce dall'animaEnrico Caruso rimarrà per sempre uno dei più illustri figli di Napoli, rappresentando di fatto quel fuoriclasse che, svincolandosi dal piccolo cosmo del quartiere di San Carlo, riuscì ad andare oltre: a superare confini (non solo in senso stretto), a farsi strada in una realtà distante dal contesto in cui aveva vissuto l’infanzia e l’adolescenza. Enrico Caruso intuì le sue potenzialità prima ancora di essere scoperto e senza particolari difficoltà, riuscì ad emergere e diventare una vera e propria icona.

Trasportato da Sorrento a Napoli, Caruso vi morì il 2 agosto 1921 a causa di una malattia che lentamente lo aveva prosciugato (pleurite infetta).

Uno spirito ribelle e coraggioso il suo, che vuole ancora cantare e far cantare. Che nonostante le distanze, ha voluto e vuole continuare a celebrare uno spicchio di civiltà e cultura con la straordinaria freschezza dell’opera, della canzone e del bel-canto.

Quella di Enrico Caruso è una voce che nasce dall’anima e che, nonostante tutti gli anni trascorsi dal giorno della sua morte, ci obbliga a riflettere sulle straordinarie meraviglie della nostra realtà, su quanto sia indispensabile investire nel nostro bel Paese affinché l’arte, la cultura e la nostra civiltà resistano con forza in una società sempre più incline al materialismo.

Ci obbliga a riflettere su quanto importante sia osare.

Eleonora Vergine per MIfacciodiCultura