E’ una chiamata alla partecipazione, al risveglio culturale, umano ed esistenziale. Al netto di ogni schieramento politico, che viene lasciato allo spirito critico del lettore, queste cento pagine in un piccolo formato tascabile raccolgono riflessioni ed input sulla società odierna.

Ogni soggetto deve essere consapevole del proprio agire e responsabile delle proprie scelte. L’indifferenza non è saggezza, ma una fuga, un’astensione dalle responsabilità. E’ una violazione del dovere di solidarietà verso gli altri umani. Le condizioni di chi è in difficoltà deve riguardarci, deve metterci a disagio, deve indurre all’impegno. L’imperturbabilità davanti al male può essere una buona tecnica per il benessere personale, ma non è un valore. E d’altra parte, si ricorda che Margaret Mead diceva che “il profeta che ammonisce senza presentare alternative accettabili, contribuisce ai mali che enuncia”. Sdegno e indignazione sono due stati d’animo diversi. L’ignavia non può essere tollerata, la prima pagina è dedicata all’invettiva contro gli indifferenti. I concetti fondamentali sono politica, partecipazione, ma anche etica.

Gianrico Carofiglio dialoga con Jacopo Rosatelli e dagli antichi greci prendono a prestito l’approccio filosofico e dialettico. Sebbene redatto prima del periodo pandemico di covid19, molti spunti risultano ancora attuali. Il dibattito corre veloce, da Gramsci a Bobbio, Machiavelli, Flaubert, Popper, Kant e Schopenhauer, fino all’età contemporanea. Cos’era e come viene percepita oggi la politica, dove è finito quel sentimento di partecipazione che animava i cittadini? Interrogativi pesanti che si susseguono, con la ricerca del concetto di verità, declinato anche nella politica.

Verità che è sempre anagrammabile, e quindi relativa, rivelata, evitata.  E’ questa l’età della rabbia, in cui siamo tossicodipendenti dal rancore. Un malessere diffuso che risente della congiuntura economica e del divario sociale, esasperato dalle potenzialità digitali che creano una rete di relazioni virtuali. Il metaverso è anche luogo delle tante solitudini che esprimono odio e rappresentazioni false, a partire da quella del sè. Occorre ritornare al reale, al concreto. Rispondere alle esigenze della società, recuperare situazioni deteriorate per cercare una soluzione, che è il compito del politico ma anche del cittadino. Un dialogo che si è interrotto decenni fa e che non a caso i due autori ripropongono, scegliendo proprio il metodo dialettico, sottolineato anche graficamente. Il politico deve adottare un linguaggio onesto e comprensibile, non manipolatorio. Il cittadino deve essere presente, informato e responsivo. Abbandonare la compartecipazione, non solo in termini di elezioni e quindi nell’espressione del voto, ma più in generale nell’impegno sociale, lavorativo, umano, significa lasciare che gli spazi vengano occupati da altri. Un abbandono che non possiamo permetterci e che ingigantisce sempre più la necessità di ritrovare il coinvolgimento sociale di gente onesta, appassionata e competente.

Dialogo è confronto fra idee diverse, un momento di crescita e formazione che deve essere civile e ben argomentato. Le motivazioni sono importanti, così come è indispensabile essere ricettivi ed ascoltare i punti di vista altrui. C’è sempre margine di miglioramento, è sempre possibile cambiare o affinare idea, imparare. Voi come lo risolvete il test del camion nel tunnel? Anche cambiare i modi di porsi rispetto ai problemi è fondamentale. La storia del funzionario Sternin inviato in Vietnam evidenzia come cambiare il nostro approccio a volte sia risolutivo, concentrandosi su quello che funziona e muovendo da lì i primi passi. Un buon consiglio che può essere declinato anche nel quotidiano. Lo dice lo stesso Carofiglio quando cita la frase di Georges Sorel – «L’avvenire appartiene ai non disillusi» – pensando ad un ruolo della politica che si occupi, «senza rassegnazione, della possibilità di un mondo diverso e migliore, un mondo di dignità, uguaglianza, solidarietà».