Siamo negli anni ’20, in piena epoca fascista. Il pilota di aeroplano è l’ultima espressione di un antico spirito di cavalleria e signorilità. Un animo nobile che si esprime nella poesia del volo. “Non esistono uomini più gradevoli di coloro che pilotano idrovolanti, sia il cielo che il mare lavano gli animi di tutti loro. Per questo sono più impavidi dei marinai e più fieri dei piloti dei semplici aeroplani”.
Della cinematografia miyazakiana, Marco Pagot (Porco Rosso) è uno dei personaggi più simile al maestro: dipinto come uno degli ultimi piloti di ventura, con i tratti un po’ alla Humphrey Bogart e con il nome volutamente italiano. Ha la sofferenza nel cuore per aver visto morire tutti i suoi amici e colleghi, ed il mutuo da pagare per il suo idrovolante. E’ l’espressione di un mondo aviatorio di coerenza e non asservimento. “E gira gira l’elica, romba il motor! Questa è la dura vita, la dura vita dell’aviator!”. Ha qualcosa di eroico, pur mantenendo tratti estremamente umani.
Con lui ritorna il tema della maledizione (metamorfosi suina di Marco e dei genitori di Chihiro ne La città incantata, e Il castello errante di Howl). La regressione bestiale ha solitamente un’accezione negativa poiché il maiale è il simbolo di tutti i difetti umani e porta una connotazione sessuale. In chiave buddhista rappresenta l’ignoranza, l’auto-inganno del sé. E’ anche un animale simpatico a Miyazaki, tanto che lo Studio Ghibli è buta-ya (la casa del porco), con un’insegna vittoriana di un maiale sul portico dell’edificio. Nella prima stesura del soggetto, dal graphic novel Zassō notō, Marco era un vecchio maiale che seduce la ragazzina, riscattato dal suo amore. Nel film rimane la connotazione erotico-estetica, ma è un personaggio integro e tutto d’un pezzo. Si rintracciano tutti i temi cari al maestro, il volo, la guerra, la metamorfosi, il femminismo, ricorrendo a immagini dalla forte carica simbolica ed evocativa. La magia e la dimensione immaginifica non sono elementi accessori; al contrario, riescono a innescare delle riflessioni sul grande problema delle relazioni umane e sulla scarsa accettazione della diversità altrui. Sullo sfondo il conflitto tra etica e corruzione, tra ideali concreti e sogni vacui.

“Porco rosso” è a ben vedere anche un insulto fascista. Marco, infatti, è un oppositore per «non collaborazione anti statale, espatrio e rimpatrio clandestini, idee degenerate, crimine di essere un maiale di sfrontata indolenza ed esposizione di oscenità». Un insulto che al pilota va più che bene, perché è “meglio essere un maiale che un fascista, io volo solo con i miei proventi”.
L’aspetto più intimo riguarda il senso di colpa, si sente un maiale per essere l’unico sopravvissuto alla battaglia aerea in cui sono morti tutti i suoi compagni, fatto considerato disonorevole dai giapponesi. Una vergogna che accomuna Marco Pagot ed Hayao Miyazaki. Il regista si è sempre sentito in colpa per la sua posizione agiata, anche durante la Seconda Guerra Mondiale, direttamente coinvolto nell’industria dell’aviazione bellica. Di grande poesia ed impatto la scena del sogno-visione raccontato da Porco, che ricorda come una scia di stelle tutti i piloti morti. All’amico appena sposato dice di tornare dalla moglie; lo chiama più volte, avrebbe preso il suo posto.

L’uomo-maiale è anche il fascino maschile che prescinde dalla bellezza. Miyazaki racconta il carisma, riuscendo a trasformare in bel tenebroso un maiale con i baffetti, imponendo di andare oltre le apparenze. Porco non perde il suo charme, come dimostrano Gina e Fio. La bellezza da star del cinema dell’americano Donald Curtis lascia indifferenti, e forse anche un po’ infastidite le protagoniste. E’ un bel volto senza contenuti, mentre la rispettabilità, il valore ed il coraggio hanno qui un sapore speciale che permette di vedere l’uomo al di là della maschera.
Uno dei cardini di Porco Rosso risiede nel concetto di onore, la cultura giapponese si incontra con l’occidente. Il motto italiano dell’epoca recitava “Chi vale vola, chi non vola non vale, chi vale e non vola è un vile” e la pensa allo stesso modo Miyazaki e il suo alter-ego suino: “Un maiale che non vola è solo un maiale.” Marco si fa guidare dall’istinto, dall’ispirazione e dall’intuito, vive ai margini della società. E’ un pacifista anche se fa il cacciatore di taglie, disprezza la guerra ed il regime, non colpisce per uccidere, ma solo per mandare in avaria il motore. La sua umanità e predisposizione ai sentimenti puri emerge nei rapporti con le donne e con gli amici, benché faccia di tutto per apparire come burbero e distaccato. Il volo è allora libertà, ci si solleva da terra e per qualche istante ci si svincola dagli schemi sociali. Nonostante l’aspetto da duro arrossisce quando gli parlano del suo amore, ma è scaltro e beffardo con gli avversari. Un irrisolto con alcuni lati di ombra che affascina, unione di rude e attenta sensibilità (telefona e va a salutare con l’aereo Gina, sparisce per non ferire Fio). Si rivela una persona solida, affidabile, in fin dei conti è un uomo della vita reale.

 

Fuck Pirlott, let’s rock
Lara Farinon per MifacciodiCultura