La poesia di Alessandro Izzi custodisce un intento, che è poi il suo potere: sublima il dolore, parlando del lutto, e così si ritrova ad osannare la vita di chi resta. La silloge poetica dal titolo Requiem dal buio e dal frastuono (Giovane Holden Edizioni, 2020) – vincitore del premio nazionale Bukowski per la sezione poesie – è una vera e propria “celebrazione laica”.

Tutt’altro che una preghiera di compianto per i morti, piuttosto un concerto di parole rivolte ai “vivi” affinchè non si sentano, ognuno per sé, eslusivi detentori di un dolore che ti isola, ti rende egoista e meno compassionevole – in grado di sentire il dolore altrui – non permettendoti, di fatto, di superare l’esperienza luttuosa, lasciandoti intrappolato nella sofferenza.

Antonia De Francesco con “Requiem dal buio e dal frastuono” di A. Izzi

Attraverso la poesia, Izzi – già autore per il teatro e di altri romanzi – compie un viaggio, ancor meglio un rito – come quelli religiosi, tant’è che del canonico rituale della celebrazione religiosa mantiene una suddivisione delle trentasei poesie attraverso una “titolazione” latina che ripercorre il Requiem. Fino all’ Amen.

Così indica la risalita, il ritorno alla luce “ostinato ed inestinguibile”. Tutto ciò sommato ad un passaggio fondamentale dedicato al lettore dall’autore stesso che sottolinea come con lui “scrive questa pagine”, rimanda subito alla collettività a cui il messaggio del superamento del dolore nell’unione e nella comprensione altrui è destinato.

C’era evidentemente bisogno di parlare agli uomini di ciò che è essenziale per essere ciò che sono: la vita. Nessuna gradazione del dolore ha motivo di esistere. Osannare la vita, cantando il dolore significa ricordarlo a tutti, proprio attraverso la poesia, rendendolo sormontabile nella sua condivisione universale che gli restituisce la dimensione che gli appartiene: né esclusivo, né insuperabile.

Christe Eleison

E’ nel cuore

che

nessuna croce

dovrebbe mancare

e se per cura

riempirsi di spine

e accogliere la spada

nel seno della madre

vicino al suo figliolo

avrebbe un senso

anche il brutto sogno dei bambini

ma qui il cuore

non è da tempo

il paese più straziato

e le croci

le cerchiamo

ormai

solo alle pareti.

Antonia De Francesco per MIfacciodiCultura