Emil Nolde, Cristo e i bambini, 1910

È una notte come tante altre, solo più stellata, quella in cui viene alla luce il Salvatore. È una notte serena quella che immagina il pittore espressionista Emile Nolde (Nolde, 1867- Seebüll, 1956) per un’emozionante Natività moderna. Una perla rara l’interesse per la tematica religiosa all’interno del gruppo Die Brücke.

In un umile ambiente, illuminato solo dalla luce delle stelle, una giovane madre ci colpisce per il suo essere così felice ed entusiasta, il motivo è nelle sue mani e lo alza al cielo trionfante: il bambino che ha appena dato alla luce. È ritratto come un batuffolo fragile, inerme quasi non del tutto formato. È il Salvatore ma non nasce come reale, per questo Nolde ne sottolinea l’aspetto molto terreno e umile. Innalzare il bambino al cielo è un gesto con una doppia valenza, indica il ringraziamento per il dono ricevuto ed è un rimando all’eucarestia.

Esplode il bianco dell’abito di Maria espressione della purezza, dell’innocenza che accompagna la nascita di ogni bambino. Mentre alle sue spalle Giuseppe guarda il piccolo stranito, non sa cosa lo aspetterà, è incerto e spaventato come tutti gli uomini davanti al grande mistero che ha davanti agli occhi. L’asino che fa capolino sulla destra ci riporta alla tradizionale mangiatoia e subito l’occhio è guidato verso l’apertura sul paesaggio, su un prato verde su cui altre presenze sembrano avvicinarsi. Sono i pastori, che arrivano a rendere omaggio alla nascita di Gesù, guidati dall’astro più grande e più luminoso in cielo. La stella che splende è nella stessa direzione del bambino e delle braccia alzate di Maria.

Emil Nolde, La vita di cristo, 1911 – 1912

La stella cometa splende per onorare la venuta al mondo di Cristo. Non è un caso che viene scelto il momento della notte per l’arrivo di Cristo, quando tutto tace e tutto si spegne, il momento perfetto per la contemplazione, la cornice giusta per così tanta spiritualità.

La Natività è come per ogni nuova vita la nascita della speranza, un nuovo inizio, la gioia di una famiglia. È una benedizione ed è la storia dell’umanità: racconta come tutti noi siamo venuti al mondo. Riflettendoci tutti ci ritroviamo nell’espressione di Giuseppe, incredulo e impreparato davanti alla nascita. È l’espressione comune di chi si trova davanti al più grande mistero della vita, che nasce da un travaglio, dal sacrificio della madre disposta a soffrire per mettere al mondo un figlio. Una sofferenza spazzata via non appena gli occhi della donna incontrano quelli del bambino e si trova a stringerlo fra le braccia.

Emil Nolde, L’adorazione dei Magi, 1933

Un momento così intimo, emozionante e comune che l’artista inserisce nell’episodio della Natività. Un’analogia fortissima fra la nascita di Cristo e quella di ogni nuova vita. La bellezza dell’opera, che è parte di un polittico di dimensioni enormi, con nove scene della Vita di Cristo, risiede proprio nell’abilità di Emil Nolde di riuscire con estrema semplicità, nonostante i colori freddi e le forme spigolose del suo tratto, ad esprimere l’omaggio alla vita più grande che possa esserci.

E se all’epoca il polittico fu rifiutato e criticato con fermezza, considerato troppo esplicito, eccessivo nei colori e nelle forme, l’opera mai come oggi diventa attualissima. Una Natività moderna, istintiva, che lontana dai simbolismi religiosi si avvicina alla vita vera e arriva diretta al cuore.

Alejandra Schettino per MIfacciodiCultura