Daniel Pennac: lo scrittore che letto nell’anima, diventò se stesso

PennacNato il 1° dicembre del 1944, Daniel Pennac è uno degli scrittori più amati e letti nel corso della storia della letteratura. Uno dei motivi? Mette la sua anima tra le pagine, è “semplicemente” se stesso e punta al fatto che tutti ricerchino la propria essenza. Che bella parola “essenza”, sempre troppo abusata, ma mai realmente indossata. Fingiamo di essere noi stessi quando ci sforziamo di essere terribilmente uguali a tutti gli altri. Ogni volta che decidiamo di non brillare di essenza, perdiamo colore e priviamo il mondo di quella magia data dall’unione di tanti caratteri diversi. Daniel Pennac lo sa bene cosa vuol dire indossare il colore della propria anima, vestire di essenza e lasciare fuori dalla finestra l’apparenza.

Il verbo leggere non sopporta l’imperativo,
avversione che condivide con alcuni altri verbi:
il verbo “amare” e il verbo “sognare”.

D. Pennac

Daniel Pennac, il cui vero cognome è Pennacchioni, sa bene però quanto sia difficile essere se stessi in un mondo che guarda di traverso chi decide di tenersi fuori dall’omologazione. Il suo stesso cognome, nascosto da uno pseudonimo, è frutto di consapevolezza. Quando infatti iniziò la sua attività di scrittore con un saggio contro l’esercito, Le service militaire au service de qui? del 1973, per non nuocere al padre che faceva il militare, assunse lo pseudonimo Pennac. La società teme l’essenza.

Dopo questa breve parentesi, facciamo un piccolo passo indietro per capire chi è Daniel Pennac e da dove nasce questo amore per la scrittura. La sua infanzia l’ha passata tra i caldi colori dell’Africa, dove è nato, in Marocco, precisamente Casablanca, per poi, a tre mesi andare in Francia.

Daniel PennacAnche chi non abbia mai letto Daniel Pennac sa benissimo che prima del liceo non andava affatto bene a scuola: ce lo racconta in uno dei suoi libri più famosi, Diario di scuola (2007), un saggio autobiografico in cui ci racconta la sua vita scolastica. Una vita scolastica fatta di incomprensioni e voti bassi, elementi che facevano presagire che tutto avrebbe potuto fare nel futuro, tranne l’insegnante. Ma dopo tanti anni lo troviamo ad occupare l’altra parte dell’aula di una scuola. Daniel Pennac diventerà proprio chi nessuno si aspettava diventasse: un insegnante. Lo scrittore ci racconta come accade, cosa – o meglio chi – gli permise di passare dall’essere un bambino dalla fissa insufficienza, ad uno degli insegnanti preferiti dagli studenti: la consapevolezza di avere la possibilità di essere se stesso. Un insegnante, al liceo, si rese conto della profonda passione che legava – e lega ancora oggi – il giovane Pennac alla scrittura. Gli propose un compito particolare: invece di scrivere i classici temi che tutti noi conosciamo bene gli propose la stesura di un romanzo diviso in puntate da consegnare a cadenza settimanale. Compito accolto per la vita.

Finito il liceo Pennac non può che laurearsi nella facoltà di Lettere, laurea conseguita a Nizza nel 1968. Segue la specializzazione e l’abilitazione e in un battito di ciglia si ritrova a sedere dietro ad una cattedra di fronte una classe che aveva alunni brillanti, “mediani” e poi c’erano loro, quelli che lui conosceva bene: i “somari“. La differenza tra il professor Pennac e i suoi colleghi era proprio il fatto che lui sapeva benissimo cosa significasse essere etichettato come un somaro, sapeva benissimo la frustrazione che si prova a non saper rispondere ad una domanda, ad essere considerati da tutti come un bambino non bravo. Questa consapevolezza, questo saper cosa vuol dire sentirsi alla base di una piramide, gli ha permesso di guardare i suoi alunni, tutti i suoi alunni, per la specialità che appartiene ad ognuno. Empatia, in una parola, il professor Pennac è empatico, e si sa che l’empatia permette di includere chi da sempre si sente – e spesso lo è – escluso. Pennac racconta il dolore che comporta il sentirsi un “somaro” e racconta l’importanza di leggersi dentro per capire cosa ci fa perdere e cosa potremmo migliorare. Così come il suo professore del liceo riuscì a tirare il meglio di lui facendo della sua “bravura” di inventare menzogne, un talento nella scrittura, così lui vuole fare con chi trova di fronte a quella cattedra isolata dal resto della classe, ma non per questo distante dai cuori.

Daniel PennacDaniel Pennac è apprezzato per i suoi romanzi e soprattutto anche per i gialli, quelli che danno inizio al ciclo di Malaussène che raccontano le avventure di Benjamin Malaussène , di professione “capo espiatorio”. Nel 1992 è la volta del saggio Come un romanzo, un vero e proprio inno alla lettura, in cui si scrive a gran voce della necessità di far amare la lettura, non imporla, solo così diventeremo tutti lettori instancabili. Solo il “diritto di non leggere” ci farà innamorare della lettura. Dobbiamo essere e sentirci liberi di scegliere, solo così faremmo scelte vere e soprattutto durature nel tempo. Scrive infatti:

Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l’invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici.

Vanessa Romani per MIfacciodiCultura