Tommaso Campanella, al secolo Giovan Domenico Campanella, nasce a Stilo il 5 settembre 1568 e muore a Parigi il 21 maggio 1639: filosofo e teologo, nonché frate domenicano, venne lapidariamente tacciato di eresia.

Tommaso Campanella, dove eresia ed utopia si incontrarono

Venne condannato, dopo essere stato torturato e inquisito nel 1594 e il 1595, per essere andato contro il grande maestro, contro l’ipse dixit per eccellenza: il grande Aristotele, uno dei filosofi considerati illuminati dalla rivelazione divina molto prima della nascita del Cristo. Abiurato e condannato, a Napoli venne in contatto con l’astrologia: da allora, i suoi testi si riempiranno di questi riferimenti, aumentando l’astio della Chiesa nei suoi confronti.

Nel 1597 venne definitivamente confinato in convento. Quando venne liberato decise però, non sazio, di aumentare i capi d’accusa a suo carico: si fece infatti portavoce, in Calabria, di una cospirazione contro il potere spagnolo. In virtù delle profezie di Gioacchino da Fiore riteneva che fosse il tempo di formare una nuova società, per evitare di sopperire alla catastrofe del 1600, anno in cui in linea teorica si sarebbe dovuti approdare all’anno dello spirito. Passando per un’Apocalisse.

Tradito dai suoi compagni venne incarcerato nuovamente: riuscì a sfuggire la pena capitale solo perché si finse pazzo.

Nei 27 anni di prigionia scrisse le sue opere magne: La Monarchia di Spagna (1600), Aforismi Politici (1601), Atheismus triumphatus (1605-1607), Quod reminiscetur (1606?), Metaphysica (1609-1623), Theologia (1613-1624), e la sua opera più famosa, La città del sole (1623).

Proprio quest’ultima è quella che ha fatto rientrare Campanella tra i filosofi utopici, nonostante nella sua vasta produzione si fosse interessato anche di gnoseologia e, come dicevamo, astrologia.

La città del Sole, nel suo impianto, ricorda altre due grandi opere filosofiche di grandi autori utopistici: Platone e la sua Repubblica del 380 a.C. (molto meno quello delle Leggi), e l’Utopia (1516) di Tommaso Moro. Anche se, indubitabilmente, possono essere state molteplici le fonti d’ispirazione per la sua opera.

Tommaso Campanella, dove eresia ed utopia si incontrarono

Proprio come la Repubblica platonica, la sua opera è un dialogo poetico: uno è un cavaliere dell’ordine di Malta, l’altro il nocchiero di Colombo. Quest’ultimo racconta di aver scoperto la città con leggi e costumi perfetti nell’isola di Taprobana. Anche se il testo è basato su una finzione, Campanella guarda bene il lettore dal considerarla una favola, un’opera di fantasia: è più un’allegoria, un racconto di cui dobbiamo scovare i lati nascosti e carpirne il messaggio fondamentale.

Come ogni città utopica che si rispetti, la Città del Sole non necessita di tante leggi o di troppe costrizioni: i cittadini vivono in totale armonia con il sistema. Il potere spirituale e temporale è concentrato in una sola persona, il Principe Sacerdote, chiamato anche Sole, che deve avere alcune caratteristiche fondamentali: erudizione, conoscenza teorica e pratica, creatività e saggezza. Inoltre, non deve essere troppo giovane: deve avere più di 35 anni in modo da avere abbastanza esperienza da saper guidare lo stato.

Erudito, giovane (35 anni oggi sono il fiore dell’età), saggio e creativo: un governatore inattuabile nelle democrazie attuali. E non tanto perché non viviamo in un’utopia o in uno stato totalitario, ma perché nessuna può vantare un personaggio del genere alla guida del paese, credo.

Sempre come in Platone, nella città del Sole c’è la comunanza di beni e di donne (quest’ultima rifiutata in toto da Moro): i figli sono un bene dello stato, così come la generazione di essi. Diversamente da Platone, però, non ci sono classi sociali fisse e limitanti: chiunque può avere figli con chiunque senza rispettare certe regole. Per il filosofo greco, invece, non siamo tutti uguali: sono i più belli (esteticamente) e i migliori (per intelligenza) a potersi unire per procreare, al fine di migliorare la città.

Per Campanella, al contrario, gli uomini sono tutti eguali. Anche se, a dire il vero, le dispense comuni sono presidiate e controllate da spie: infatti, ormai, anche nei filosofi di fine ‘500 iniziava a insinuarsi un lieve pessimismo antropologico. Sicuramente alimentato in Campanella dalle sue esperienze con torture e Inquisizione.

Tommaso Campanella, dove eresia ed utopia si incontraronoAnche l’educazione riveste un ruolo importante nella sua città utopica: i bambini, tolti alle famiglie da piccoli (ancora, come in Platone), vengono cresciuti tramite il gioco e il metodo visivo. La città infatti ha una forma circolare e costituita da sette mura: ogni giro di mura rappresenta una diversa sfera del sapere e sulle proprie mura sono raffigurati tutti i campi della scienza. Tramite queste, i bambini imparano tramite il gioco e l’arte: benché Campanella non fosse un raffinato pedagogo, sarebbe bello oggi poter usare il suo metodo per insegnare ai bambini, senza lasciarli seduti su un banco tutto il giorno a imparare da fotocopie da colorare.

Un altro lato sicuramente eretico ma interessante della sua opera è la religione all’interno della città del sole: anche se il cristianesimo viene considerato come la religione naturale, e quindi quella che si confà meglio all’uomo e al suo essere, nello stato coesistono tutte le religioni. Affianco al Sole (visto come la raffigurazione di Dio), vi sono anche Gesù, Maometto e altre divinità.

Non c’è una religione unica, quella imposta dallo Stato: tutti gli esseri divini sono allo stesso posto.

Uno stato in cui le religioni sono tutte allo stesso livello, dove tutti i cittadini sono allo stesso livello e dove regna la comunità dei beni è, sicuramente, utopico. Però, a distanza di secoli, Campanella forse ha ancora qualche insegnamento da darci.

Marta Merigo per MIfacciodiCultura