Cardine essenziale e innovatore del pensiero del Seicento di cui ha costituito una figura di estremo spessore, Leibniz si colloca come il più grande scienziato del XVII secolo, in compagnia, ovviamente, del suo acerrimo nemico Newton. In questa dicotomia di menti elette, Leibniz è stato quello dei due che ha brillato maggiormente per la pluralità di interessi e per aver da sempre evidenziato una visione integrata dei vari ambiti di vita, capace di coglierne gli aspetti più pregnanti e trasversali, dall’essenzialità della materia, alle leggi della matematica, fino ad addentrarsi nelle pieghe più ardue dei meandri filosofici.

Il 1° luglio 1646 a Lipsia Gottfried Wilhelm Leibniz viene al mondo, in un pomeriggio grigio e piovoso. Il giovane, figlio di un professore universitario, mette subito in mostra le sue notevoli capacità intellettuali imparando, poco più che ragazzo, a leggere e scrivere in latino.

Gottfried Wilhelm Leibniz, un genio tra matematica e filosofia

Nel tempo, il suo infinito amore per la conoscenza associato a una gigantesca e insaziabile curiosità non fanno che emergere e addensarsi tra i banchi di scuola, fino al conseguimento di una prima laurea in filosofia a soli 17 anni, alla quale, qualche anno più tardi, fa seguito un dottorato in giurisprudenza. Ma la forza di una mente eletta come quella di Leibniz non può saziarsi di sì poco nutrimento, e così qualche tempo dopo comincia ad incamminarsi nei tortuosi sentieri della matematica.

Leibniz si spinge oltre il semplice studio: vuole dimostrare tesi e assiomi, volare nei cieli dove altri non avevano avuto il coraggio di spingersi, anche se questo voleva dire sfidare i grandi nomi del passato. E così, dopo anni di studi ininterrotti teorizza il calcolo integrale, costruendo il prezioso concetto di differenziale, che divenne vera e propria architrave dell’analisi matematica nei secoli a venire.

Leibniz è inarrestabile: mentre nutre la mente con formule, leggi e simboli (a lui si deve ad esempio l’introduzione del nome di Funzione) comincia a interessarsi anche di filosofia. Ha sempre considerato la matematica una materia quasi-filosofica. Cercare di spiegare ciò che comunemente l’uomo prova a chiamare Dio è senz’altro qualcosa che va ben al di là del semplice esercizio numerico.

Comincia a muovere i primi passi nell’emisfero della metafisica. Individua nelle monadi, una specie di atomi fatti di spirito, le forme sostanziali dell’essere. In questo contesto Leibniz supera il concetto espresso qualche tempo prima da Spinoza, secondo il quale nel mondo c’è un solo ordine, ovvero Dio stesso. Per Leibniz, invece, l’ordine del mondo esiste, anche se non è necessario. Esso piuttosto è libero ed organizzato spontaneamente, il mondo è frutto di una scelta di Dio che, tra i vari ordini e forme con cui poteva crearlo, ha scelto proprio questo. Fu proprio da questo ragionamento che nacque la celebre massima

Viviamo nel migliore dei mondi possibili.

Il suo eclettismo innato lo spinge ad occuparsi anche di economia sviluppando tesi e concetti che lo incoronano come una sorta di precursore di quello che sarà il socialismo europeo, riconoscendo ai lavoratori la necessità del diritto:

E perché tanta gente dovrebbe essere ridotta a tanta povertà per il bene di così pochi? La Società avrà dunque per scopo puntuale quello di liberare il lavoratore dalla sua miseria.

Gottfried Wilhelm Leibniz, un genio tra matematica e filosofia
Statua di Gottfried Leibniz a Lipsia

Questa idea di una società non più schiava del lavoro e del sudore della fronte, ma dove tutti gli individui crescono insieme in termini di benessere e cultura, viene espressa e rafforzata anche nel saggio Elementa Juris Naturalis, nel quale Leibniz afferma che la società perfetta è quella il cui obiettivo è la felicità suprema e generale.

Uno degli aspetti più affascinanti della vita di Leibniz rimane senza dubbio il suo avvincente duello con Newton, che per certi versi ricorda un’altra celebre rivalità, quella tra Bernini e Borromini. Solo che le opere d’arte realizzate dai due matematici, anziché forgiarsi nel marmo, prendevano forma da numeri e teoremi. Al centro della controversia ci sarebbe la scoperta del calcolo infinitesimale. Sembra, infatti, che nonostante sia stato lo stesso Leibniz a pubblicarne per primo i risultati (1648), sarebbe stato proprio Sir Isaac Newton a teorizzarla per la prima volta e con un anticipo di circa un decennio sul suo rivale. Successivamente il matematico di Lipsia sviluppa in totale autonomia le tesi sul calcolo integrale e differenziale, continuando però a rivendicare la paternità anche della presunta scoperta reclamata con forza dal fisico inglese.

Così dalla stima e dal rispetto reciproco che aveva caratterizzato primi anni di studio, i due si cacciano in una diatriba giocata a suon di scambi feroci e di velenosi carteggi che li accompagna amaramente per tutta la vita.

Non risulta affatto, come ha giustamente dichiarato Bernoulli, che Newton abbia scoperto prima di me la caratteristica e l’algoritmo infinitesimale, quantunque gli sarebbe stato facile pervenirvi se vi avesse pensato; come, d’altronde, se vi avesse pensato, sarebbe stato facilissimo ad Apollonio pervenire all’analisi di Cartesio sulle curve. Coloro che hanno scritto contro di me, attaccando senza ritegno la mia buona fede con interpretazioni forzate e infondate, non avranno il piacere di vedermi rispondere alle loro piccole ragioni.

Qualunque sia la verità – gli storici sembrano propendere per la tesi di Newton – lo scienziato e filosofo tedesco ad ogni modo è e resta non solo uno dei più grandi pensatori del suo secolo, ma anche uno dei più grandi intellettuali ad aver influenzato trasversalmente svariati campi della cultura.

Muore il 14 novembre 1716 ad Hannover, dopo aver rivestito un punto fondamentale per il pensiero del Seicento.

Stefano Mauro per MIfacciodiCultura