Palombella rossa

Nanni Moretti, all’anagrafe Giovanni, nasce a Brunico, nei pressi di Bolzano, da genitori romani il 19 agosto 1953, ed è oggi uno dei registi più importanti del panorama italiano, noto per il suo impegno politico spesso associato ad una forte critica del sistema italiano.

Da subito attento alle questioni sociali, nel ’73 l’esordiente regista, scrive e gira il cortometraggio La sconfitta – si narra – arrivando a vendere, persino, la sua preziosa collezione di francobolli, pur di poter acquistare la mitica super8, con la quale avrebbe girato il film.

Intervistato nel 1982, da Luigi Magni, racconta di sé e della sua idea di cinema

Penso e ho sempre pensato di essere uno dei pochi che in Italia fa del cinema. Ci sono molte persone che hanno in mente qualcosa, vagamente un’idea, e che però non giustificano la scelta di questo mezzo espressivo.

E ancora, in una più recente rilasciata a Giovanni Bogani

Ho sempre bisogno di un periodo più o meno lungo per scaricarmi del film appena fatto e ricaricarmi prima di fare un nuovo film. Alcune volte un sentimento si ricrea presto, altre volte no. Un sentimento, poi, che io voglio formare dentro un racconto e dentro uno stile.

Negli anni successivi dopo aver abbandonato la super 8 per passare ad un cinema professionale, costruisce la sua fama attraverso pellicole molto apprezzate sia dai critici, dai festival, siano esso Cannes o Venezia, che dal pubblico: Ecce bombo, Sogni d’oro, Bianca, La messa è finita, Palombella rossa.

La stanza del figlio

Gli anni ’90 sono gli anni dell’impegno politico: Moretti è coprotagonista nel film Il portaborse, con il quale da attore vince un David di Donatello. In quello stesso periodo prende in gestione il Nuovo Cinema (ribattezzato Nuovo Sacher), dando luogo a un progetto ambizioso, ovvero traformarlo in uno spazio culturale con dibattiti e proiezioni. Sarà proprio la proiezione di Riff Raff, un film di Ken Loach, a definire emblematicamente il profilo del coraggioso tentativo di Moretti di trovare un filo conduttore con il cinema innovativo e di qualità che c’era stato negli anni ’60, soprattutto negli esordi dei grandi registi del cinema italiano.

In Caro Diario (1993) Moretti fa emergere la sua forte componente autobiografica che caratterizzerà gran parte della sua opera. Egli interpretando se stesso, mette in luce le contraddizioni, a volte lapalissiane, e senz’altro stridenti, di una società che mette al centro del dibattito grandi discorsi senza crederci poi fino in fondo. Nel 1998 esce Aprile che celebra la nascita del figlio Pietro, mentre nel 2001 è la volta de La stanza del figlio, in cui il regista si concentra sulle sensazioni e gli effetti dirompenti che la morte di un figlio lascia nel cuore di una famiglia borghese. La pellicola, a tratti struggente, gli varrà la vittoria di un David di Donatello e della prestigiosa Palma d’oro al festival di Cannes.
Nel 2006, Nanni Moretti torna a vestire i panni del solo attore, interpretando uno dei ruoli più difficili della sua carriera. Ne Il Caimano, infatti, il regista-attore-sceneggiatore, interpreta il ruolo di Silvio Berlusconi. Il film porterà con sé una duplice conseguenza, un buon successo di pubblico ma anche le critiche da parte di alcuni detrattori dalle differenti vedute politiche.

Nel 2011, ben cinque anni più tardi, Nanni Moretti torna dietro alla macchina da presa, confezionando un film di classe e buongusto, ed in grado di spiccare, soprattutto, per la grande originalità del tema trattato. Habemus papam è la storia del nuovo papa che un momento prima della sua proclamazione viene colto dalla paura e dal senso di inadeguatezza nel rivestire un incarico così importante.

Habemus papam

In tutti i suoi film, da Ecce bombo, passando per Palombella rossa fino al più recente ed autobiografico Mia Madre, Moretti lascia impresso un segno, un graffio, che si palesa ed evidenzia sotto forma di uno stile preciso e chiaramente identificabile. La cifra stilistica si connota attraverso una prospettiva legata a una intellighenzia borghese e ad una visione della vita permeata da una cultura radicata. Sono questi, insieme alla critica sociale e politica, i tratti essenziali della sua produzione artistica che ne hanno determinato il successo e lo hanno fatto apprezzare anche dal più vasto pubblico internazionale. Tale desiderio così fortemente marcato, si traduce nella scelta di comparire sovente (quasi sempre) come protagonista e portavoce di un messaggio di critica. Moretti sembra dire «questa è la mia visione del mondo ed è per questo che ci metto la faccia». La poetica di Nanni Moretti si articola in un percorso in cui l’artista sempre più consapevolmente rivendica la propria timbrica e al contempo si fa portatore di un concetto di rispetto enorme verso la forma espressiva da lui scelta: il cinema. Quest’ultimo è per Moretti l’elemento da rispettare, preservare e, verso il quale, canalizzare le proprie energie fisiche ed intellettuali. Per questo Moretti non è solo regista, ma anche spettatore: egli porta con sé, sempre la sua duplice natura di creatore-fruitore. Così, il suo compito non si limita alla esclusiva direzione della scena, in quel poetico “stare accanto alla macchina da presa”, ma piuttosto si configura anche in quello di osservatore, un ruolo tutt’altro che passivo, capace di regalare potenti riverberi conoscitivi, che si configurano in differenti linguaggi e in una moltitudine di stili.

Stefano Mauro per MIfacciodiCultura