Auguri a Dustin Hoffman, uno e cento volti dell’America

Il Laureato
Il Laureato

È stato Dustin Hoffman (Los Angeles, 8 agosto 1937) a diventare custode del cuore di una intera generazione di americani e il riconoscimento che gli si continua a tributare oggi a quasi cinquant’anni dal suo esordio sul grande schermo ne è la grande dimostrazione. È stato infatti lui, sulle note quasi ossessive di The sound of silence e Mr. Robinson di Simon & Garfunkel a ritrarre nel 1967 un’epoca di confusioni, indecisioni ma anche di ribellione nel celebratissimo Il laureato di Mike Nichols. L’icastica locandina con Hoffman che scruta accigliato le sensuali gambe di Anne Bancroft è diventata in breve uno dei simboli più rappresentativi degli anni ’60 e di tutto il cinema della New Hollywood.

Erano infatti gli anni della rivoluzione della Fabbrica dei Sogni, gli anni di una trasformazione che avrebbe portato i morigerati Studios a esplorare nuove forme e soprattutto nuovi temi per rivitalizzare un mercato succube della concorrenza televisiva. Dustin Hoffman è stato al centro di questo processo, come dimostra la sua indimenticabile e “scoordinata” prova ne Un uomo da marciapiede (1969) di John Schlesinger. Lo zoppo e chiassoso Enrico detto “Sozzo” che impreca contro gli automobilisti, fuma come non ci fosse un domani e vive di espedienti in una New York fatta di prostituzione maschile e squallidi cinema a luci rosse resta tra i ruoli più memorabili della sua carriera e un buon esempio delle trasformazioni in atto in quel periodo.

Come quel film venne accolto da un’ondata di scandalo e divenne il primo film vietato ai minori a vincere un Oscar, così il successivo Cane di Paglia (1971) di Sam Peckinpah vide l’attore protagonista di una pellicola tacciata di neofascismo e plagio alla violenza. Si trattava invece di una delle più forti e spregiudicate riflessioni sulla natura dell’uomo, sull’opposizione tra istinto animale e raziocinio umano e fu proprio grazie alla calibrata e saggia recitazione di Hoffman (pronto a trasformarsi da educato e composto matematico a spietato e freddo giustiziere) che il film assunse un animo ancora più torbido e intenso.

Dustin Hoffman3Sono stati quegli gli anni in cui Hoffman è cresciuto e ha sviluppato le profonde radici di una carriera che lo avrebbe poi portato su lidi più miti e famigliari. Il giornalista indagatore del Watergate nel fondamentale Tutti gli uomini del presidente (1974), il padre di famiglia nell’acclamato Kramer contro Kramer (1979) per cui avrebbe vinto il suo primo Oscar; il divertente attore costretto a travestirsi da donna in Tootsie (1982) e l’autistico genio dei calcoli in Rain Man (1988).

E sono forse proprio quei primi, ruggenti e movimentati anni che Hoffman ha ripensato qualche tempo fa ammettendo il suo totale disappunto nei confronti di una stagione cinematografica priva di vero respiro e che nella qualità delle proposte si fa ormai surclassare a pie pari dalla televisione. Una disillusa dichiarazione che arriva come un macigno proprio perché a dirla è chi ha dato al cinema animo e corpo, regalandogli una galleria di figure amate e indispensabili per capire lo spirito di un’epoca. Oggi, a 79 anni dalla sua nascita, sembra che Hoffman sia pronto a volgere i suoi passi verso nuovi territori, forse non più impervi come una volta ma costruiti su basi solide e coscienti.

Francesco Zucchetti per MIfacciodiCultura