Kabir: l’artista che colora le strade di Kabul con la sua street art

KabirKabir Mokamel è stato definito il Banksy afghano. Ha quarant’anni e da tempo vive in Australia, ma torna spesso nella sua patria per cercare di curare le ferite inflitte dalla guerra con la sua arte.
Con la sua street art colora i muri di Kabul, gli edifici strappati alla vita, una città devastata dagli orrori della guerra, dagli orrori di un essere umano che non ricorda più cosa vuol dire esserlo.

Kabir rompe il silenzio assordante di chi accetta passivamente il mondo come va, rompe il silenzio con il suono dei colori, dei colori che riempiono le macerie di Kabul cercando allo stesso tempo di far riflettere sul significato della vita, sul significato di vivere insieme. Perché è questo quello che fa l’arte, sotto qualsiasi forma ed espressione. L’arte è la possibilità di aprirsi alla riflessione, è la possibilità di comprendere, di andare al di là della materialità.

L’arte è la possibilità di creare un ponte tra le anime, e Kabir lo sa bene. Per questo fa di questo momento un’occasione di incontro, di relazione tra tante persone. Con alcune di queste ha creato un gruppo di artisti, gli Arts Lords, ovvero i signori dell’arte, un nome che si pone completamente all’opposto dei signori della guerra: i talebani. Ma l’arte di Kabil non si ferma solo a questo gruppo: passanti, venditori ambulanti, polizia, tutti sono coinvolti nella street art che colora Kabul, perché tutti fanno parte del mondo e tutti meritano di farne parte.

KabirA Kabul l’arte è una novità, per questo Kabir dice che bisogna “educare” il pubblico a questo nuovo alfabeto. Con i suoi colori non vuole solo dare una speranza ad una città devastata dall’odio, ma vuole anche lanciare un messaggio ai talebani. Basti pensare a uno dei graffiti più celebri dell’artista: una donna rappresentata con due grandissimi occhi, gli occhi mediorientali, profondi e con una grande storia da raccontare, liberi del burqa. Su questo sguardo, realizzato nel 2015, si legge in un messaggio trascritto su sfondo giallo:

Ho visto la vostra corruzione che non è nascosta agli occhi di Dio, benché voi cerchiate di nasconderla alla gente.

La street art che abita le alte e distrutte mura della città vuole dunque rappresentare il messaggio di un essere umano stanco, che rompendo il silenzio vuole ritrovare la pace. Un altro graffito eseguito da Kabir – sempre sulla scia di Banksy – riporta la cartina dell’Afghanistan ma di colore rosso, come a voler rappresentare il sangue che quotidianamente scorre in quel paese, coperta da un enorme cerotto, simbolo di un’enorme ferita che attraversa un paese lacerato da una guerra interminabile, che ha messo in ginocchio milioni di persone che faticano ad alzarsi, il cui cuore è deposto su una carriola – come rappresenta un altro graffito dell’artista – stanco di vivere una vita che non è vita, stanco di dover sopportare una condizione tragica, di una sofferenza senza fine.

Al momento Kabir sta realizzando una nuova opera, “Eroi della mia città”, per omaggiare la gente comune del suo paese, come i netturbini dipinti nella tuta arancione, o i soldati che perdono la vita. Proprio lì, dove sono state uccise delle vittime, vuole portare la sua arte. È un’opera complessa, soprattutto perché richiede l’utilizzo di trentadue colori e momentaneamente Kabir si autofinanzia e non vuole che il governo lo aiuti. Ma – ammette – che sarà grato se qualche cittadino afghano vorrà aiutarlo.

Kabir ha l’obiettivo di riunire il popolo, di parlare attraverso i suoi graffiti, di donare speranza e spingere alla riflessione, una riflessione che nutre il desiderio di portare alla fine di una guerra inutile, perché la guerra in generale è inutile, perché l’essere umano deve riuscire a comprendere quanta bellezza c’è nell’essere uniti e nell’amarsi e Kabir lo sa bene, perché con la sua arte vuole amare tutti e spingere tutti a fare altrettanto.

Kabir è consapevole che non saranno i suoi graffiti a cambiare la situazione, a cancellare la corruzione che impera nel suo paese, ma sa che ogni volta che una persona si fermerà a guardarlo, tutte le fatiche saranno ripagate, perché forse nei cuori si accenderà la speranza di un mondo migliore e la volontà di ricercarlo.

Vanessa Romani per MIfacciodiCultura