Ti entra nel naso e rimane nella testa, nella memoria per giorni, mesi. L’odore di un uomo bruciato è acre, pungente, si aggancia come il proseguo del suo urlo straziante.  Avete mai visto una persona arsa viva? il dolore divora tutto, dalla pelle fino alle ossa e toglie il respiro. La fiamma lascia solo un corpo carbonizzato esanime.

«quella sera ci siamo incontrati per caso e l’idea di incendiare quei pezzi di carta era sua.  Abbiamo preso le salviette da una pizzeria, poi siamo andati nel parcheggio dove c’era il Baffo (…) Io ho acceso un pezzo e l’ho lanciato in avanti verso la macchina ma il pezzo che avevo bruciato è caduto a terra, ne sono certo. (…) Sono altrettanto certo che il mio amico ha buttato il fazzoletto acceso all’interno dell’auto»

Le fiamme rapidamente sciolgono quello che incontrano, dalle carte ai vestiti, qualche coperta e i ricordi, quelli tutti. L’interno di quell’auto diventata casa per chi ha perso il lavoro. Il fuoco si mangia sogni, speranze, progetti per il futuro. Fa dell’uomo un pranzo intero, fino a inghiottire quegli occhi che cercavano aiuto.

«Ci divertivamo ad infastidirlo, lo facevamo per noia. Eravamo lì come tutti i giorni a rompergli. Il nostro sogno era quello di vedere cosa si prova ad uccidere. Incendiammo l’auto per noia, per fare uno scherzo».

Anno domini 2017, è la notte del 13 dicembre: a Verona ed in alcune città europee si festeggia la ricorrenza di S.Lucia, che porta dolci e regali a tutti. A Santa Maria di Zevio, frazione del veronese, prende fuoco un’auto e muore l’uomo che vi è dentro. All’inizio i carabinieri pensano ad un incidente, poi si concretizza l’ipotesi dell’omicidio volontario aggravato. “C’erano dei ragazzini che lo tormentavano, gli tiravano contro dei petardi e lo insultavano; lo hanno perfino derubato delle elemosine”, diranno poi gli abitanti del paese.

« In passato assieme al mio amico sono andato a infastidirlo, gli dicevamo parole tipo “barbone di merda”…».

Ahmed Fdil, origini marocchine, aveva 64 anni, era in Italia da trentacinque anni e lavora come operaio. La crisi economica colpisce le aziende, negli ultimi mesi anche lui perde il posto, ed è costretto a vivere in una vecchia Fiat Bravo. In paese l’avevano soprannominato il Baffo, era benvoluto da tutti, ogni tanto gli offrivano panini con lo sgombro e caffè.

«..dopo avergli lanciato i fazzoletti infuocati, siamo andati al bar (…) Ci siamo messi d’accordo di non dire nulla».

Ahmed urlava disperatamente mentre cercava di uscire. Era divenuto una torcia umana. I vicini di casa accorsi con gli estintori cercano di salvarlo. Le sirene di ambulanze e vigili del fuoco sfrecciano per la strada. Le lamiere da umile riparo sono divenute tragica tomba. Nulla è più possibile.

«Perché l’hai bruciato?» «Non ci sono le prove», ribatte l’amico. «sai, vorrei farmi un tatuaggio …qualcosa con significato, non che sia a caso… voglio la morte in faccia», gli risponde: «Ti faccio vedere il Baffo, così ti ricordi che hai ammazzato un barbone; tanto il tuo sogno l’hai realizzato (…) quando eravamo dal kebabbaro cosa mi hai detto? “Ho realizzato il mio sogno di ammazzare una persona”» «No, volevo ammazzare un gatto».

 

Mesi dopo arriva la decisione del Tribunale dei Minori di Mestre (gennaio 2019): nessuna condanna, per la morte di Ahmed Fdil. Il giudice ha stabilito che il 17enne accusato di omicidio volontario aggravato sia messo in prova ed il processo sospeso. Continuerà a vivere nella comunità che lo ospita, se per tre anni dimostrerà un comportamento corretto il reato verrà dichiarato estinto. Il secondo ragazzino all’epoca dei fatti era tredicenne, anche se ritenuto responsabile dell’omicidio non è imputabile. I familiari della vittima, non si sono nemmeno potuti costituire parte civile perchè la legge non lo ammette nei processi con imputati minorenni.

«La vita di mio zio vale meno di zero? è morto bruciato vivo ma nessuno pagherà per questo delitto orrendo. Mi aspettavo giustizia, solo quello. Non chiedo vendetta. Invece mi vergogno di questa sentenza, inaccettabile per l’Italia. Un sistema giudiziario che non rispetta gli essere umani oltraggia la vostra bandiera»; «il ragazzino non si è neppure scusato per ciò che ha fatto. Questa decisione ha il retrogusto dell’impunità».

In quest’Italia, sempre più dilaniata, manca la certezza della pena e la proporzione tra reato e risposta disciplinare. E’ un Paese che sembra aver perso o dimenticato principi ed ideali; il rispetto e l’educazione non vengono trasmessi in primis dalle famiglie, oltre che dalle istituzioni. Siamo nell’epoca sterile di soli lustrini, in cui non si conserva nemmeno il valore della vita ed il rispetto altrui. Si uccide per noia. E’ aberrante.

Vanno al bar e lo lasciano morire, parlano di tatuaggi. Quanto vale l’esistenza di un uomo, il capitale umano? tutto è acquistabile, anche il valore di un essere il cui corpo giace senza vita sul ciglio di una strada (Il capitale umano, Virzì, 2013).

I figli di internet e del consumismo vagano tra sfide mortali e persecuzioni da perpetrare come passatempo; genitori che preferiscono umiliare e svilire gli insegnanti anziché educare i propri figli; un mondo di apparenze che privilegia la notorietà alle reali capacità. “Il desiderio di essere considerati dallo sguardo altrui ha corrotto l’integrità e l’autenticità degli individui all’interno della società moderna, segnata dalle dipendenze, dalle gerarchie e dalle disuguaglianze sociali” (Rousseau, discorso sull’ineguaglianza).

Così si uccide una persona che ha perso tutto, mentre sta dormendo fuori al freddo. Se fossero nati qualche decennio prima, questi giovani sarebbero stati considerati dei vigliacchi. Visto la giovane età, probabilmente non avrebbero avuto la possibilità di gironzolare da soli -tantomeno la sera- , né avrebbero avuto soldi e permesso di andare al bar. Se avessero ucciso un uomo, quasi certamente i genitori li avrebbero costretti ai lavori forzati.

Occorre definire in modo chiaro, preciso ed univoco quali sono i limiti, i paletti entro i quali non si può uscire. Bisogna avere il coraggio di essere pilastri solidi ed inamovibili con i quali i giovani si possano confrontare. Dare dei punti di riferimento e coerenza

Laddove manchi l’educazione da parte dei genitori, è necessario che intervenga almeno l’autorità competente, chiamando a rispondere sia i ragazzini che le loro famiglie. Non si può svilire in questo modo l’importanza di un’esistenza.

Questo lassismo induce al tracollo dei principi cardine su cui è fondato lo stato di diritto, retrocedendo spaventosamente allo stato di natura del Bellum omnia contra omnes, homo homini lupus, ciò che per Hobbes lo stato di natura è una guerra di ogni uomo contro tutti.

 

Fuck Pirlott, let’s rock

Lara Farinon per MifacciodiCultura