San Francesco d’Assisi, dipinto da Giotto

Il 4 ottobre notoriamente l’Italia festeggia il suo patrono, San Francesco d’Assisi, la cui vicenda di povertà e vita è conosciuta in tutto il mondo. Ci sono diversi motivi per ricordare la sua storia, anche oltre il suo carattere religioso, uno di questi è il Cantico delle Creature, considerato il primo testo in lingua volgare della letteratura italiana. È la preghiera più celebre scritta dal Santo, è un inno di ringraziamento che coinvolge l’intero universo. Francesco in realtà lo chiamava Cantico di Frate Sole, per onorare davvero il creato, e tutto quanto lo circondasse, riconoscendosi compagno di viaggio degli uomini, degli animali, della natura. È un cantico che nasce dal dolore, non bisogna dimenticarlo, data l’enorme sofferenza fisica provata dal Santo, eppure da ciò è nato un momento di poesia che a distanza di otto secoli ancora è memorabile per la sua potenza.

Per chi è appassionato di libri, e apprezza anche titoli non convenzionali, a proposito di Francesco d’Assisi vi è un titolo assolutamente degno di nota, scritto dal poeta francese Christian BobinFrancesco e l’infinitamente piccoloBobin racconta del poverello d’Assisi con grande eleganza e naturalezza, andando al di là della figura del Santo. Francesco è tratto come una delle figure più affascinanti della nostra Storia, non solo di quella della Bibbia o della cristianità in generale. È “un’immagine santa” e “un’immagine sporca” allo stesso tempo. Addirittura, è un cane che, silenziosamente, col massimo della discrezione e col massimo dell’attenzione, segue il giovane che pian piano si allontana con l’angelo, come riporta l’incipit del libro. Ma è anche un asino, che dorme con lui, mangia con lui, prega con lui. Parla con le rondini, con i lupi, con i passeri, con le allodole: «parla con tutto l’universo perché tutto ha potenza di parola nell’amore». Dalle parole di Bobin apprendiamo che Francesco non è altro che un essere che si prende cura di altri esseri, una creatura che si rivolge ad altre mille creature. Tutto nel nome della bellezza, dell’umiltà e dell’attenzione verso gli altri. Il suo punto di forza è unire gli opposti, i complementari e gli affini. Il santo e il diavolo, il fratello sole e Chiara, la sua piccola sorella luna.

Basilica di San Francesco, Assisi

Soprattutto, Bobin ci presenta Francesco come un fanciullo che cresce ma che rimane sempre bambino. L’infinitamente piccolo di Francesco si esplica nell’infanzia, a cui è riservata ampia parte del racconto, proprio perché è grazie ad esso che il nostro personaggio arriva a toccare l’Alto, finché può. È l’infinitamente piccolo che gli sussurra nelle orecchie e nella mente infinitamente piano. E a lui basta quel nulla per dire sì e cambiare meta e andare «dove il canto non si spegne mai, dove il mondo non è che l’unica nota elementare tenuta all’infinito». Grazie a tutto ciò Francesco impara a vedere l’amore dove non c’è, a vedere la pienezza dove c’è assenza, a vedere la bellezza dove c’è il buio. Bobin, a fine lettura, non ci lascia certo un’agiografia o una biografia. Pura poesia, magia fatta di immaginazione. Si canta la tenerezza quanto la trascendenza della vita. Si osserva la natura quanto l’animo più intimo dell’uomo. Il tutto mediante una scrittura metafisica e meditativa, ermetica, levigata e raffinata, profonda, efficace ed essenziale. Dipinge con l’inchiostro, i caratteri delle lettere sono i colori delle vetrate delle cattedrali medievali.

E per concludere, non si può che consigliare – a chi piace viaggiare e scoprire la bellezza dell’Italia – di visitare Assisi in Umbria, un luogo davvero affascinante per pellegrini, visitatori, semplici turisti che anche grazie alla vicenda di Francesco possono conoscere il valore della sua storia, dalla Basilica di San Francesco tra il piano superiore e quello inferiore, con gli affreschi di Giotto, alla Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, dove proprio Francesco compose il Cantico, alla Basilica di Santa Chiara d’Assisi.

Francesca Bertuglia per MIfacciodiCultura