“Questo film narra la storia di un maiale, soprannominato Porco Rosso, che si batte contro i pirati del cielo a rischio del suo onore, della sua donna e dei suoi beni, ambientata nel Mar Mediterraneo, all’epoca degli idrovolanti.”

 

Il nome dello studio di animazione cita il Ghibli, vento caldo tipico del deserto proveniente da sud-est, ma è anche il soprannome del Caproni Ca.309, aereo della Regia Aeronautica concepito per operare in Nordafrica. La scelta, neanche a dirlo, fu del maestro Hayao Miyazaki, figlio di un ingegnere aeronautico, appassionato dell’ambiente lavorativo del padre ed affascinato anche da Antoine de Saint-Exupéry, l’autore de Il piccolo principe, pilota oltre che scrittore, morto nel 1944 durante una trasvolata nei cieli della Corsica.
E’ soprattutto in Porco Rosso (Kurenai no buta) film del 1992, che il maestro celebra la sua dichiarazione d’amore verso l’aviazione italiana, con attente e ricercate citazioni riprese anche nei suoi lavori successivi.

Scritto e diretto da Hayao Miyazaki, prodotto dallo stesso Studio Ghibli, il lavoro si distingue dagli altri per molti aspetti. A partire dagli anni ’80 Miyazaki disegnò per la rivista giapponese Model Graphixa dei brevi fumetti ad acquerello dedicati ai mezzi bellici. L’idea originale era di trarre dal suo fumetto un cortometraggio da trasmettere durante i voli della Japan Airlines. Durante la lavorazione della pellicola, però, scoppiò la guerra in Jugoslavia e decise quindi per un lungometraggio più riflessivo.
I colori sono brillanti, i paesaggi di ampio respiro tra l’Italia e la Dalmazia. Compaiono gli affezionati pirati dell’aria, personaggi strambi e caricaturali. I vari gruppi malavitosi si alleano in una compagine scombinata, che si rispecchia anche negli aerei dalle tinte più assurde e pois fantasiosi. Un’ “associazione piratesca” di strampalati e buffi omoni.
Tra i cieli e le onde del mar Adriatico, Marco Pagot (nome omaggio ai fratelli Nino e Toni Pagot, famosi fumettisti italiani, creatori anche di Calimero, e i cui figli Marco e Gina Pagot hanno collaborato con Miyazaki) è un asso dell’Aeronautica Italiana. In seguito ad un misterioso incidente, ha assunto per sortilegio l’aspetto di un maiale antropomorfo, trasformazione che tanto piace al maestro Miyazaki rintracciabile anche in La città incantata (2001). Il valoroso pilota si ritira quindi dalla sua carriera e dalla vita pubblica, nascondendosi in una caverna della costa dalmata, ispirata alla Stiniva Cove, nell’isola di Vis in Croazia. La sua maestria nel volo gli permette di vivere facendo il cacciatore di taglie poste sui pirati dei cieli. Combatte con il suo idrovolante monoplano Savoia S.21, dipinto di rosso fiammante, da cui il soprannome “Porco Rosso”. E d’altra parte, gli aeroplani italiani del reparto “Alta Velocità” erano tutti di colore rosso, come le macchine da corsa nostrane (Ferrari, Maserati, Alfa Romeo e Ducati).
La storia si snoda tra rocambolesche fughe e una competizione aerea per la mano di una dolce fanciulla. La gara per conquistare Fio (o l’estizione dei debiti di Porco), ricorda quelle celebri dell’epoca (Coppa Schneider).
Immancabile la presenza di un personaggio femminile adolescente, determinato e dinamico, secondo la matrice miyazakiana. Tutti i protagonisti femminili sono di forte carattere, come le bambine della scolaresca che sbeffeggiano i pirati, ricordando molto Mei (la piccola di Totoro) con gonnellina e cappellino. Miyazaki rinuncia ad una distinzione netta tra buoni e cattivi, preferendo dipingere personaggi che contengano in sè la dualità e possano poi evolvere. C’è spazio anche per un omaggio femminista, contro le discriminazioni di genere, contrastando il maschilismo dilagante del XX secolo. Fio conquista la stima ed il rispetto di Porco, dimostrando di saper aggiustare l’aereo al pari di un maschio, non solo: attraverso i suoi occhi il pilota riesce a osservarsi di nuovo come un tempo, quando il maleficio non lo aveva ancora reso un maiale. Sarà proprio Fio a scorgere per un attimo il vero volto di Marco Pagot, l’unico momento in cui vengono disvelate le sembianze dell’uomo.

Miyazaki si allontana dai suoi racconti di fantasia, calando la storia in coordinate spazio-temporali precise: l’Italia e l’Istria, Milano, l’America; la prima guerra mondiale in cui Porco ha affrontato gli aerei austro-ungarici, il camion con il logo FIAT. I contorni del reale sono sfumati nell’animazione: al posto del Naviglio scorre un grande fiume, le isole dell’Adriatico croato ospitano squadre di pirati del cielo. L’albergo Adriano è un’alcova in stile proibizionismo. Ma c’è  anche la reale crisi economica, con i pacchi di banconote a causa dell’iperinflazione; l’avanzata del regime e la necessità di far lavorare anche le donne anziane. Citazioni omaggio all’arte, con la Mole Antonelliana e i dipinti di Monet. Marco è un lettore della rivista Cinema, il suo impermeabile e le sigarette richiamano alla mente Humphrey Bogart. Miyazaki strizza l’occhiolino a Hollywood con la locandina di Triple Love, le scazzottate come nei film di Ford e Hawks. Si ispira a La magnifica preda o l’Angelo Azzurro, con la divina Marlene Dietrich, per far cantare Gina. La canzone è un simbolo rivoluzionario francese, Le temps des cerises, celebre canzone scritta nel 1866 da Jean-Baptiste Clément, dedicata ad una donna morta durante la Settimana di sangue della comune di Parigi. Non mancano i riferimenti ai tre capisaldi dell’animazione Winsor McCay, i fratelli Fleischer e Walt Disney. Un lavoro complesso, in continuo equilibrio tra le minacce di far del protagonista macinato o barbeque e audaci doppi sensi. Ritmo brioso che lascia una vena di malinconia e dolcezza in un finale a libera immaginazione.

 

Fuck Pirlott, let’s rock
Lara Farinon per MifacciodiCultura