Franco Battiato nasce a Ionia, in provincia di Catania, il 23 marzo del 1945. Conosciuto per la sua vastissima produzione da cantautore, iniziata negli anni ’70, si è anche dato ad altre arti, come la pittura e il cinema.

Franco Battiato
Franco Battiato

È impossibile dire quale sia il genere di Franco Battiato, sperimentatore arguto che ha visitato e rivisitato tutta la musica, dal pop alla musica colta. Ma i suoi album non sono conosciuti solo per la vastità di sonorità fatte dialogare fra loro: sono i testi, scritti da solo o con altri, che hanno creato un vero e proprio nuovo modo di comporre.

Per questo, Battiato è spesso anche bonariamente preso in giro: alle volte i suoi testi appaiono ermetici, quasi autoreferenziali, forse quasi snob, infarciti di riferimenti culturali che possono sembrare più una vanitosa esposizione che una vera riflessione.

Ma così, in realtà, non è. E forse non è un caso che sia uno degli artisti con il maggior numero di riconoscimento da parte del Club Tenco: tre targhe e un premio svettano in cima ai tanti, tantissimi premi vinti in carriera dal cantate.

La sua carriera inizia ipoteticamente nel 1964, quando si trasferisce a Milano e entra nel Club 64  dove si esibivano Jannacci, Pozzetto, Lauzi, Gaber. Sarà proprio quest’ultimo a scoprire un giovane Battiato, ai tempi ancora Francesco, mentre strimpella la chitarra. Da lì nacque una profonda amicizia, che lo portò alla casa discografica Jolly, dove Giorgio spinse per far entrare il suo amico nel mondo della musica.

A quel tempo, Battiato, si fa ancora chiamare Francesco: ma decide di usare questo diminutivo negli anni ’60, durante la trasmissione Diamoci del tu condotta da Gaber e Caterina Caselli. In una puntata di esibì un altro giovane cantautore, sempre di nome Francesco, e Giorgio suggerì all’amico di cambiarsi nome per non confondere i due.

L’altro in questione? Era Guccini.

Battiato lavorerà assieme a Gaber anche per Polli d’Allevamento, di cui cura gli arrangiamenti musicali sia nella versione live che in quella registrata. In questo periodo incontra Gustavo Pio, violinista, con cui stringerà un sodalizio che durerà per tutta la sua carriera.

Franco Battiato
Franco Battiato

La vera svolta, però, il successo arriva con Emi Italiana e l’album L’’ra del cinghiale bianco, nel 1979: album smaccatamente pop che vuole però ridefinire gli stilemi di un genere in teoria già ben avviato sul mercato. Da qui, il cantautore entra nell’ambito della new wave, e la canzone che dà il titolo all’album diviene uno dei simboli della sua poetica. In questo pezzo, e in tutto il disco, i riferimento al filosofo René Guénon sono lampanti e spesso auto dichiarati: è proprio quest’ultimo a parlare del cinghiale bianco nel suo Simboli di scienza sacra, dove attraverso un parallelo tra i celti e la tradizione Indù tratta e analizza questa fantomatica era del cinghiale bianco. Si tratta di un epoca utopica in cui l’uomo, ogni uomo su questa terra, raggiunge una conoscenza spirituale assoluta.

L’esoterismo e le culture orientali la fanno da padrone, non solo in questo album, e espongo il problema delle influenze più o meno ben accette di quei mondi così lontani.

Franco Battiato trattò le altre culture, soprattutto quelle più lontane da noi, ben prima che Occidentali’s Karma arrivasse alle nostre orecchie. Anche lui utilizzò la filosofia nei suoi testi, citando per esempio Aristotele (Fisognomica dell’88 è un netto richiamo ad un’opera – dubbia – dello stagirita).

Ma il più grande riferimento filosofico per Battiato fu l’amico e collega Manlio Sgalambro, con cui nel 1994 inizia una collaborazione culturale che li porterà a scrivere un pezzo come Di passaggio, in cui il filosofo recita dei testi in greco antico di Eraclito. La canzone parla senza dubbio del divenire eracliteo, dell’impossibilità di bagnarsi due volte nello stesso fiume, di quell’impossibilità di fermare lo scorrere del tempo.

Filosofia e musica sono per Battiato una cifra stilistica ben riconoscibile, e non è un caso che si avvicini così tanto ad una personalità come quella di Sgalambro: quest’ultimo, definito a buona ragione un filosofo, non aveva nemmeno mai studiato all’università questa tanto bistrattata disciplina. Ma, alla fine, si ritrovò a scriverne e a saperlo fare senza dubbio in maniera eccelsa.

Franco Battiato
Franco Battiato

In quel Fisognomica del 1988 è contenuta anche E ti vengo a cercare, un’altra delle grandi hit della sua carriera: fu proprio questo pezzo che li permise di tenere un concerto addirittura all’interno della Città del vaticano, chiamato da Giovanni Paolo II.

Ma la sua canzone più conosciuta, e quella che la critica all’unanimità ha riconosciuto come una delle più belle della musica italiana, è La Cura, parte de L’imboscata. L’amore, in questa canzone va oltre ogni possibile piano terreno, oltre ogni dimensione umana, oltre lo spazio e il tempo: è una dedica così onirica e metafisica da poter parlare a tutti, per qualsiasi anima. Amore fraterno, materno, erotico, persino la sola amicizia: è la cura come essenza di una vita, come base per l’umanità, per l’essenza umana. È filosofia pura.

Eppure, nonostante tutto, i suoi testi e le sue poesie in musica sono conosciute da tutti, anche dai più giovani, e ciclicamente tornano di moda. Questo perché Franco Battiato è sempre riuscito a cogliere lo spirito del tempo musicale oltre il tempo stesso, creando pezzi universalmente belli. Efficaci.

Insomma, musica impegnata per chiunque.

Ed è questo che, secondo me, dovrebbe sempre accadere.


Marta Merigo per MIfacciodiCultura