«Voi occidentali avete l’ora,
ma non avete mai il tempo.»

Il filosofo Sant’Agostino concentra molte delle sue riflessioni sul concetto di tempo. Nel corso della sua filosofia, questo concetto varia, si trasforma con la sua riflessione, fino a sostenere che il tempo in sé non esistesse, e che rappresentasse solo una dimensione dell’anima. Leggendo direttamente le sue parole:

«Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell’anima. Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro.»

Inteso in questo senso, il tempo non è una cosa, ma rappresenta una relazione che intercorre fra le cose e l’interiorità del soggetto che permette alle cose stesse di non finire nell’oblio. In questo modo le cose prendono parte alla storia personale del soggetto che le esperisce. Il tempo in questo senso rappresenta la “realtà della creatura” e in questa concezione possiamo rintracciarvi un po’ del pensiero aristotelico sulla natura convenzionale del tempo.

Il tempo è nella misura in cui noi vogliamo che sia.

A prescindere da quanto ci si possa trovare in accordo o disaccordo con queste teorie, o con tutte quelle che si sono formulate sul concetto del tempo, un dato è certo: non possiamo fare a meno di esso. Il concetto del tempo in sé, più che quello di “tempo spazializzato”, scandisce le nostre vite. Abbiamo sempre bisogno di più tempo: senza sapere quanto ne abbiamo a disposizione, già sappiamo che non ci basterà.

Ma in tutta questa frenesia, la qualità del tempo che ruolo occupa?

Andiamo sempre più di fretta, ma ci muoviamo con sempre meno logica e sempre con meno lungimiranza. I nostri sbagli sono lì per riderci su o essere un po’ malinconici, non guardiamo mai loro come qualcosa da cui imparare. Facciamo collezione di esperienze, ma non di insegnamenti, prendiamo semplicemente l’esperienza per attaccarla su un album della nostra vita sempre più superficiale e senza significato. La contraddizione della nostra contemporaneità risiede proprio in questo. Abbiamo la possibilità di misurarci con le più alte forme di tecnologia, ma ancora non facciamo nostra l’esperienza più grande: quella di scoprirci esseri umani empatici. L’esperienza dell’altro, inteso come l’altro da me, non viene mai davvero esperita, rimaniamo su un livello di conoscenza superficiale perché in fondo non ci interessa sapere davvero chi sia colui che ci guarda, a noi interessa solo in cosa e come ci può essere utile chi abbiamo di fronte.

Il 2020 è stato un anno che ci ha messo a dura prova, i più non vedono l’ora di lasciarselo alle spalle per iniziare un nuovo anno, con la speranza che sia migliore del precedente, con la speranza che allo scoccare della mezzanotte, il mondo cambi, il tempo si rinnovi con l’anno nuovo. Se davvero però il tempo è una convenzione, se davvero il tempo così come lo conosciamo noi, esiste solo perché noi abbiamo deciso che sia così, non dovremo allora impegnarci affinché qualcosa cambi davvero con il nuovo anno?

Siamo solito stilare i buoni propositi alla fine di un anno, ma se invece di concentrarci sui buoni propositi per l’anno che verrà, non ci concentrassimo su dei buoni propositi per una nuova umanità? I miglioramenti non avvengono girando la pagina di un calendario, né stilando una lista su cosa fare e come farlo. I miglioramenti nel mondo intero e in quello nostro personale, avvengono solo se ci impegniamo. In cosa? A rivalutare ad esempio il concetto di tempo come qualcosa non che ci schiavizza, ma qualcosa da cui possiamo imparare. Il passato ci può solo insegnare, non dobbiamo guardare ad esso come un fardello o qualcosa da dimenticare. Non dobbiamo allontanare quanto accaduto, ma imparare da tutti questi mesi passati.

Riflettere sul tempo che è passato, su questo 2020, vuole essere una riflessione su un periodo storico che ha visto, e vede ancora, il mondo intero colpito da una pandemia che ci ha fatto riscoprire fragili. Se in questo scoprirci fragili ci riscoprissimo anche più umani? Ognuno di noi ha bisogno dell’altro, e solo insieme si può davvero poi realizzare una nuova umanità, che non veda al centro i soliti interessi egoistici e materialistici, ma che veda un impegno per pensare altrimenti, in vista soprattutto delle generazioni future.

Dovremo imparare a imparare dal passato, e questo 2020 che ci lasciamo alle spalle rappresenta l’occasione giusta per iniziare, rappresenta l’occasione giusta da cui partire con dei buoni propositi che non valgano un solo anno, ma che abbiano un impatto sul futuro tutto.

Vanessa Romani per ArtSpecialDay