Il femminismo rimbalza sulle passerelle tra t-shirt di illustri brand e pop star famose, non è mai stato così glamour e chiacchierato. Per Jessa Crispin, autrice americana del libro Why I Am Not a Feminist (uscito in Italia questo mese) il femminismo è diventato più uno slogan e una campagna di marketing che un movimento di ideali. Interventi estetici che distraggono dai veri problemi, sulla scia dell’«attenuare per universalizzare, non spaventare, non provocare». La Crispin si scaglia contro il femminismo liberale, attacca il lifestyle feminism, reso più blando per essere maggiormente appetibile ed universale, ed inneggia al femminismo radicale: non è sufficiente condannare gli abusi sessuali e credere nel semplice principio che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini per potersi dichiarare femministe.

Il femminismo glam di Dior

La blogger riprende vagamente l’idea del femminismo come momento politico di critica storica alla famiglia e alla società (Manifesto di Rivolta femminile, 1970), sostenendo una posizione anti-capitalista ed anti-patriarcale, da lei considerate inestricabili. Tratteggia per il futuro comunità aperte di aiuto reciproco, «in cui le donne non si limitino a bussare alle porte di chiese, governi e mercati capitalisti chiedendo educatamente di essere ammesse, ma creino i loro propri sistemi religiosi, politici ed economici».

Il femminismo contemporaneo avrebbe perso di intensità e lucidità. Abbagliate dai lustrini e qualche avanzamento nelle posizioni apicali, le donne sembrerebbero essersi dimenticate le radici rivoluzionarie del movimento. Preso atto di una società parcheggiata tra centri commerciali e malattie ansiotico-depressive, l’inversione di ruoli e l’aggressività crescente delle gentili dame, la Crispin non offre, però, alcuna strategia concreta per un cambiamento significativo, rendendo difficile tradurre la sua critica in un percorso pratico verso il futuro.

In occidente le quote rosa dovrebbero essere la soluzione alla mancata partecipazione femminile in alcuni contesti lavorativi. Sarebbe più opportuno, però, indagare perché sia così difficile accedervi, quali siano i reali ostacoli ed i pregiudizi culturali che spesso affiorano. Creare un sistema di welfare solido e presente, che consenta di creare famiglie con gli adeguati strumenti di sostegno. Promuovere normative più adeguate alle esigenze contemporanee e meno ad personamUn cambiamento che dovrebbe iniziare in primis proprio dalle madri che hanno il compito di educare i loro figli. Un procedimento lungo che richiede tempo ed energia.

Jessa Crispin

Ma il femminismo è davvero universale ?

Uomini e donne non sono uguali. Non lo sono fisicamente né psicologicamente.

Possiamo convenire che abbiano gli stessi diritti e che dovrebbero ricevere trattamenti equi, cosa che in alcune parti del mondo non avviene. In certi Paesi si parla ancora di schiavitù, maltrattamenti e condizioni di sottomissione; a volte le donne sono considerate al pari di oggetti, senza la dignità di persona. Solo in questo senso il movimento potrebbe essere inteso come universale, riconoscendo la libertà di essere ad ogni individuo. Nelle cosiddette società occidentali, le donne hanno lottato contro il patriarcato, per una pari dignità, ottenendo dei diritti e facendo progredire la loro condizione.

Esistono, però, diverse situazioni nel nostro pianeta, tempi e tempistiche differenti, tali per cui nessuna civiltà è in vantaggio o in ritardo rispetto alle altre. Il progresso industriale non sempre coincide con un’evoluzione, almeno nei rapporti interpersonali. Condizioni e contesti culturali vedono evoluzioni differenti. Conoscerli consente di comprenderli e rispettarli. Nelle società dell’Amazzonia, per esempio, si potrà dire con certezza che le donne siano più infelici di quelle europee?

Forse l’aspetto più importante è non considerare le nostre norme come universali e non cercare di far coincidere a tutti i costi la nostra realtà con quella degli altri. Un viaggiatore lo impara subito: si tratta di apprendere e rispettare le particolarità di ciascuno.

Tra le numerose attiviste della prima e seconda ondata, d’oltreoceano ed europee, sembra interessante ed attuale ripartire oggi proprio dal pensiero di Audre Lorde (1934 – 1992), outsider totale che ha sempre sostenuto il valore della differenza.

Non dobbiamo diventare l’una simile all’altra per lavorare insieme… È meraviglioso imparare.. Il passo successivo è la differenza – non lasciate che le differenze vi separino. Usatele – questo è il potenziamento. 

Convegno di Boston nel 1990

Poetessa e scrittrice statunitense, nata nel quartiere di Harlem da genitori di origine caraibica, vive il collasso dell’economia, la Seconda Guerra Mondiale ed il turbolento dopoguerra, gli anni delle prime rivendicazioni razziali nell’America razzista e sessista. Si è mantenuta, continuando a studiare, reinventandosi infermiera ed operaia, impiegata e bibliotecaria. Ha insegnato inglese all’Hunter College di New York e viaggiato in tutto il mondo. La sua produzione letteraria è vasta, tra poesie, prose, scritti critico-politici ed il famoso saggio The cancer journal del 1980, nel quale racconta la sua lotta contro il tumore al seno, è stato un atto rivoluzionario per l’epoca. Donna energica ed appassionata, preferiva una visione intersezionale per risaltare le differenze, non solo di genere e di orientamento sessuale, ma anche di colore della pelle, vissuto e classe sociale, precorrendo una serie di tematiche che caratterizzeranno l’approccio queer.

Sono una femminista nera, guerriera lesbica e poeta, madre, e sto facendo il mio lavoro. Chi siete voi e come state facendo il vostro?

Seminario di Stanford, 1989

Audre Lorde

La differenza ed il confronto sono temi che emergono negli scritti di Lorde. Racconta di relazioni tra uomini e donne, tra donne bianche e nere, tra lesbiche ed eterosessuali. Sdogana i tabù del rapporto tra le donne ed il potere, le difficoltà ad accedervi, le contraddizioni nelle relazioni tra donne dinanzi al potere, il tema del controllo sociale e politico. Ha sfidato razzismo, omofobia, sessismo e classismo con grande impegno ed efficacia, partecipando in modo trasversale ai movimenti sociali che hanno segnato la seconda metà del secolo scorso. Convinta internazionalista, Lorde ha creato connessioni fra donne all’interno degli Stati Uniti, nei paesi caraibici, in Europa, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Una donna che lottava ogni istante, «…noi siamo le donne che desideriamo diventare».

Fuck Pirlott, let’s rock

Lara Farinon per MifacciodiCultura