L’Arabia Saudita nella Commissione ONU per i diritti delle donne: verso l’affermazione dell’Arabic-Evo?

Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba.

proverbio saudita

L'Arabia Saudita nella Commissione ONU per i diritti delle donne: verso l'affermazione dell'Arabic-Evo?Ha una superficie di oltre 2 milioni di km², coprendo la quasi totalità della penisola arabica, è il più grande Stato arabo dell’Asia occidentale. Conta 16 milioni di cittadini più altri 9 milioni di espatriati. È il Regno di Arabia Saudita, fondato nel 1932, monarchia assoluta islamica, terra delle due sacre moschee Mecca e Medina. Ha le più grandi riserve di petrolio al mondo, concentrate per lo più nella provincia orientale. Vanta la sesta più grande riserva di gas naturale, ed è il Paese in cui il Regno Unito esporta più armi. Conta però, anche i più alti numeri di esecuzioni capitali (tra cui anche decapitazioni, lapidazioni e crocefissioni) e di violazioni dei diritti umani nel mondo. Qui si praticano amputazioni di mani e piedi, fustigazioni anche solo per la “cattiva condotta sessuale” e l’ubriachezza.

Eppure, nel 2015 l’Arabia Saudita è entrata nel Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ed ora con 47 voti su 54 è stata eletta anche come membro della Commissione ONU per i diritti delle donne. Per i prossimi quattro anni Riyad sarà tra i 45 membri che costituiscono la Commissione sullo status delle donne (UNCSW), con l’impegno di «promuovere i diritti delle donne, documentare la realtà della vita delle donne in tutto il mondo e creare standard globali in materia di parità di genere ed emancipazione femminile».

Le altre new entries di UNCSW sono Algeria (il più grande stato del continente africano ed il maggiore arabo, a prevalenza islamica, prima potenza militare africana, con grandi riserve petrolifere e di gas naturale), Comore, Congo, Ghana, Kenya (sez. Stati Africani); Iraq (terza riserva mondiale di petrolio), Giappone, Repubblica di Corea, Turkmenistan (sez. Asia);: Ecuador, Haiti, Nicaragua (sez. latino america e caraibi). (Global Research, UN Watch, UN Women, 2017, vedi anche: https://youtu.be/yh6r89JebTo)

Obiettivi importanti, difficilmente compatibili con quei governi repressivi che impongono condizioni di vita poco umane.

L'Arabia Saudita nella Commissione ONU per i diritti delle donne: verso l'affermazione dell'Arabic-Evo?In Arabia Saudita, in particolare, non ci sono elezioni parlamentari, partiti politici, costituzione o parlmento. L’unica legge fondamentale è il Corano: le normative di contesto furono promulgate nel 1992, basate sulla Sharīʿa (Corano e Sunna di Maometto). Il Wahhabismo è il credo ultraconservatore dominante nella Penisola Arabica, declinazione islamica estremamente rigida, presente sia in Arabia Saudita come in Iraq. Tutti coloro che non ne seguono i dettami sono pagani e nemici. Anche per questo, e visto che è condizione imprescindibile per ottenere la cittadinanza saudita, la quasi totalità della popolazione è musulmana. Non sono accettati altri culti, prevista la pena di morte per apostasia. Il possesso della Bibbia o di altri oggetti religiosi (come la croce) è proibito. Vietato pregare i santi o visitare le tombe. Sono stati istituiti i mutawwin, soldati speciali, “commissari a difesa della pubblica morale, per la propagazione delle virtù e la prevenzione del vizio“, incaricati di controllare l’esatta osservanza dei precetti. L’Arabia Saudita è l’unico fra i moderni stati musulmani in cui la Sharia non è codificata. Non esiste un sistema di precedente giudiziario, i giudici hanno potere discrezionale, ignorando le sentenze precedenti o applicando personali interpretazioni secondo circostanze, con giudizi divergenti anche in casi identici. Inoltre, come per Pakistan e Afghanistan, la legge tradizionale tribale e le personalizzazioni rimangono fortemente significative.

La Commissione ONU si è prefissata di occuparsi dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione femminile, con particolare riguardo anche alle aree rurali, più povere ed ancorate a riti primitivi. E se è vero che le disparità avvengono in Asia come nelle Americhe, passando per Europa ed Africa, è, però, indubbia l’estrema condizione dell’Arabia saudita, punto di riferimento per i musulmani di tutto il mondo. Le donne saudite sono affidate ad un “tutore maschio che le governa dalla nascita fino alla morte: lui decide come devono vestirsi, studiare, lavorare, curarsi o uscire. Braccia e gambe devono essere interamente coperte da abiti ampi che non evidenzino le forme del corpo. Per evitare spiacevoli incontri con la polizia religiosa è fortemente raccomandata l’abaya, tunica nera lunga fino alla caviglia, spesso unita al niqab, che copre la testa ed il volto. Vige la segregazione tra i due generi. È ancora vietato al gentil sesso guidare l’automobile, andare in bicicletta, praticare sport di squadra, avere un conto corrente o anche solo un contratto intestato. Le femmine appartengono di diritto al maschio, come un oggetto.

L'Arabia Saudita nella Commissione ONU per i diritti delle donne: verso l'affermazione dell'Arabic-Evo?Per questo le loro identità possono essere attestate solo dagli uomini, che agiscono anche con matrimoni combinati, violenze e stupri. Sono vietati i rapporti sessuali eterosessuali prima del matrimonio, mentre l’omossessualità è punita anche con la morte. Esiste ancora il reato di stregoneria, per cui si viene decapitati. Solo nel 2015 è stato concesso il suffragio universale (decreto reale del 2011). La monarchia del Golfo occupa la 141esima posizione su 144, seguita da Siria, Pakistan e Yemen nel Report sulla Disparità di Genere 2016 del Forum Economico Mondiale. Forse l’inserimento in Commissione ONU è un tentativo di sensibilizzare e spronare nel cambiamento. Helen Clark, ex primo ministro della Nuova Zelanda, a capo del Programma Sviluppo delle Nazioni Unite, considera «importante supportare coloro che nel Paese stanno lavorando per cambiare la condizione delle donne, seppur i cambiamenti siano molto lenti». Ma c’è anche chi, come Hillel Neuer, direttore della ong UN Watch per il monitoraggio dell’operato ONU, crede sia solo una finzione di facciata, vedendolo invece come un’ulteriore presa di potere: «È come mettere un piromane a capo dei pompieri della città. È assurdo».

Dinamiche di realpolitik: l’Occidente, mancando forse di prospettive, segue i suoi affari a corto raggio, mentre il medio oriente avanza, conquistandosi sempre più margine d’azione. Sembra che l’epoca araba stia ormai bussando alla porta.

Fuck Pirlott, let’s rock

Lara Farinon per MIfacciodiCultura