Ironica, graffiante, irriverente. A differenza di altre “sorelle” più dolci e aggraziate, la Satira è una musa arguta e sfacciata, a tratti grottesca, abile nell’affascinare attraverso quel sorriso amaro che diverte e, al contempo, fa riflettere. Una dea che, nel corso dei secoli, ha conquistato artisti e letterati, pronti ad ascoltare il suo canto per correggere, a colpi di penna e pennello, i (mal)costumi delle società di ogni epoca.

Più che un’onda, uno tsunami di coraggio, umorismo e straordinario senso civico. Sul finire degli anni ’70 le ondulatissime e irriverenti frequenze di Radio Aut veicolavano nell’etere la voce di Giuseppe ‘Peppino’ Impastato: attivista comunista e speaker sagace che denunciava l’illegalità mafiosa burlandosi di Gaetano Badalamenti, boss di Cinisi (il suo paese, in provincia di Palermo), e di tutti quei politici, spesso complici, che animavano la cosiddetta “Mafiopoli”.

Negli esilaranti racconti radiofonici di Peppino e dei suoi amici, durante la trasmissione Onda pazza, Mafiopoli era la grottesca allegoria di quel borgo palermitano dominato dal clan di Badalamenti dove, tra omertà e connivenza, spiccava la voce discordante del programma di “fantapolitica” condotto da Impastato.

La satira è attacco al potere, anche mafioso. Una satira tanto spudorata quanto scanzonata quella di Peppino, che ribattezzò l’innominabile boss Badalamenti “Tano Seduto”, facendo vacillare il suo castello di paura e violenza mediante l’accostamento ironico tra il gangster e il celebre capo tribù dei nativi americani Sioux, Toro Seduto.

L’obiettivo era ridicolizzare il criminale, denudarlo, smascherare la sua infinità pochezza morale e sociale stravolgendo il senso della locuzione “uomo d’onore” o, meglio, ristabilendolo.

Nella narrazione di Onda pazza, infatti, l’“uomo d’onore” non era la personificazione della rispettabilità, ma anzi la rappresentazione della nefandezza, dell’arroganza, della prepotenza, del successo illecito sulla pelle dei giusti e dei deboli.

«Una montagna di merda». Così Impastato descrisse la mafia, rendendo Cosa nostra e le sue aberrazioni un affare di tutti.

Il sarcasmo, filo conduttore di tutta la trasmissione, emergeva già dalla sigla che, riprendendo il brano Facciamo finta che…tutto va ben! di Ombretta Colli, evidenziava quanto la situazione fosse tragica, nonostante l’indifferenza tanto della classe dirigente quanto della comunità cinisense.

A Cinisi e a Terrasini (paese limitrofo da cui trasmetteva Radio Aut, ribattezzato “Mafiettopoli” nelle satiriche trasposizioni di Onda pazza), la cosiddetta “controinformazione” dei giovani dissidenti denunciava i diversi piani di utilizzazione dell’amministrazione a fini personali, l’abusivismo edilizio e la gestione irregolare degli appalti pubblici.

Tra gli abitanti più “autorevoli” di Mafiopoli, il cui inno nazionale consisteva in uno sciacquone preceduto da una sonora pisciata, figuravano, oltre al già citato Tano Seduto: Geronimo Stefanini (Gero Di Stefano, sindaco di Cinisi), Franco Maneschi «della Sinistra avanzata, ma non troppo» (Franco Maniaci, vicesindaco di Cinisi), don Peppino “percialino” (Giuseppe Finazzo, così chiamato per la cava di pietrisco o “perciale” della quale era proprietario), l’ingegner Marpionese (un tecnico comunale) e molti altri.

Nella finzione radiofonica, questi personaggi, comicamente rappresentati, si incontravano a mo’ di capi indiani e, tra urla, grugniti e suoni incomprensibili raccontati dagli speaker di Onda pazza, arrivavano a un accordo per raggiungere i loro fraudolenti obiettivi.

La risata amara suscitata dalle sferzanti improvvisazioni radiofoniche di Impastato venne brutalmente soffocata la sera del 9 maggio 1978, quando un feroce attentato di stampo mafioso pose fine alla vita del trentenne arrivista palermitano.

Tuttavia, i valori di Peppino sono sopravvissuti nei ricordi, nelle manifestazioni, nelle commemorazioni e nei gesti d’affetto che ancora oggi lo celebrano, così dimostrando, a distanza di 44 anni, che in realtà anche le risate amare, di denuncia, non si potranno mai soffocare del tutto.

 

Andrea Romagna per MifacciodiCultura