VerlainePaul Verlaine (Metz, 30 marzo 1844 – Parigi, 8 gennaio 1896) è comunemente noto come uno dei “poeti maledetti” e deve parte della sua celebrità anche al rapporto tormentato che ebbe con un altro dei lumi della poesia francese: Arthur Rimbaud. Meno conosciuta è forse la poetica che egli cercò di inaugurare con i suoi componimenti, definiti dalla critica letteraria poesia simbolista.

Maledetto, a giudicare dagli elementi biografici, egli lo fu veramente: assuefatto all’alcol, Verlaine era anche di carattere violento tanto da picchiare la madre prima e la moglie poi. Proprio quando era ancora sposato il poeta fece la conoscenza del giovane Rimbaud, spirito sensibile come il suo, ma di carattere più forte e sfrontato. La loro relazione, che li portò a percorrere senza un soldo in tasca il Belgio e l’Inghilterra, terminerà solo nel 1873, quando, in seguito a un attacco di gelosia e di disperazione, Verlaine sparò un colpo di pistola su Rimbaud, ferendolo solo lievemente.

Sarà condannato a due anni di carcere, durante i quali egli si riavvicinò alla religione e scrisse la raccolta Sagesse, tentando invano di recuperare un stile di vita più equilibrato e sano. Morì l’8 gennaio del 1894 a Parigi senza mai essere riuscito a superare i propri problemi di alcolismo e di violenza.

Si parla di simbolismo per la poesia di Paul Verlaine perché egli si colloca in un momento della storia letteraria in cui si sono superati sia la rappresentazione pura della passione romantica, sia l’esercizio virtuosistico di stile che guarda solo alla forma. Il simbolo è ciò che esprime, associando due realtà diverse, qualcosa di nuovo.

Paul Verlaine

Nei suoi componimenti hanno tanta importanza l’immagine evocata quanto la sonorità del verso, volte entrambe ad esprimere l’anima del poeta e la malinconia inquieta che la abita. Proprio per questo motivo le poesie di Verlaine sembrano raggiungere quell’ideale di arte totale, teorizzata e professata da Wagner (nel suo saggio Arte e Rivoluzione). In essi confluiscono infatti versi, pittura e musica.

Questa fluidità del componimento poetico, che si è ormai slegato dai rigidi dettami classici, viene espressa in alcuni versi dove Verlaine teorizza il proprio concetto di poesia. Art Poétique, pubblicata nel 1874, vuole mostrare come la vera poesia sia fatta di sfumature, parole tanto precise quanto più esse vogliono comunicare dei concetti indecisi, vaghi. La poesia si identifica con immagini impure, sfuggevoli, si direbbe quasi impressioniste:

C’est des beaux yeux derrière les voiles
C’est le grand jour tremblant le midi,
C’est par un ciel d’automne attiédi,
Le bleu fouillis des claires étoiles!

Son gli occhi belli dietro alle velette,
l’immenso dì che vibra a mezzogiorno,
e per un cielo d’autunno intepidito
l’azzurro opaco delle chiare stelle!

Arthur Rimbaud e Paul Verlaine

Tuttavia, ciò che fa la novità e la bellezza dei suoi versi, che spesso esprimono con grande semplicità degli stati d’animo, è la melodia; tanto che le sue poesie sono state riprese e messe in musica da compositori quali Gabriel Faure e Claude Debussy. Ciò è avvenuto ad esempio per uno dei suoi componimenti più celebri Il pleure dans mon coeur… apparso nella raccolta Romances sans paroles (1874):

Il pleure dans mon cœur
Comme il pleut sur la ville;
Quelle est cette langueur
Qui pénètre mon cœur?

Ô bruit doux de la pluie
Par terre et sur les toits!
Pour un cœur qui s’ennuie
Ô le chant de la pluie!

Il pleure sans raison
Dans ce cœur qui s’écœure.
Quoi ! nulle trahison?…
Ce deuil est sans raison.

C’est bien la pire peine
De ne savoir pourquoi
sans amour et sans haine
mon cœur a tant de peine!

Piange nel mio cuore
Come piove sulla città.
Cos’è questo languore
Che penetra il mio cuore?

O dolce brusio della pioggia
A terra e sopra i tetti!
Per un cuore che si annoia
Oh il canto della pioggia!

Piange senza ragione
In questo cuore che si accora.
Cosa! Nessun tradimento?
Questo dolore è senza ragione.

È certo la peggiore pena
Di non sapere perché
Senza amore e senza odio
Il mio cuore ha tanta pena.

Verlaine, che con la propria opera ha inaugurato lo stile decadentista di fine secolo, sembra realizzare il sogno di ogni poeta: esprimere l’indicibile dell’umanità attraverso una poesia senza tempo. Giocare con la sonorità delle parole, con la loro ambiguità e ambivalenza per dare forma all’inesprimibile, all’indicibile, a quel sofferto che si cela nel più profondo della nostra anima. Quel “vago ed indefinito” che Leopardi celebrava qualche anno prima sognando “interminati spazi” al di là della sua siepe e della realtà visibile.

Consuelo Ricci per MIfacciodiCultura