Nella Parigi dell’Ottocento, nel solco degli inizi del movimento impressionista e dell’arte moderna, un pittore in particolare si impose nella scena artistica: la sua Storia è peculiare, soprattutto per come all’inizio il più grande precursore dell’impressionismo stesso, Édouard Manet, l’ha sottovalutato («Un ragazzo senza alcun talento. Per favore, ditegli di smettere di dipingere!»). L’artista in questione era Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 25 febbraio 1841 – Cagnes-sur-Mer, 3 dicembre 1919).

Pierre-Auguste Renoir, Giovane uomo nella foresta di Fontainebleau (1864)

Renoir nacque a Limoges nel 1841, in una famiglia di artigiani dell’attuale Nuova Aquitania: suo padre, un sarto, lo portò a Parigi attorno al 1845 con i suoi fratelli. Sin in tenera età l’artista dimostrò grandi doti nel disegno, motivo per cui i suoi genitori lo inviarono già a 13 anni a fare apprendistato in una fabbrica di porcellane, dove imparò a decorare piatti con iconografie floreali. Dopo questa prima esperienza figurativa nelle Arti Applicate, Renoir scoprì dunque di avere le capacità e la volontà per darsi alle Belle Arti: dopo aver risparmiato il giusto quantitativo di denaro, nel 1862 si iscrisse ai corsi serali in disegno naturale e anatomico alla Scuola di Belle Arti e cominciò anche a prendere lezioni di pittura generale allo studio di Charles Gleyre, un pittore svizzero che era stato alunno del neoclassico Jean-Auguste-Dominique Ingres. Lo stile molto accademico e classicista di Gleyre, nonché l’impostazione conservatrice della Scuola non furono però apprezzate da Renoir, che vedeva già oltre ai dettami figurativi ancora di derivazione napoleonica e mitica.

Non a caso Renoir sentì molte affinità con tre studenti che entrarono nello studio del pittore svizzero successivamente, ossia Alfred Sisley, Frédéric Bazille e Claude Monet. Ad accomunarli l’obiettivo di una nuova arte che non parlasse più ai committenti nobili, ma all’emergente società borghese di Parigi, con più libertà nella definizione delle iconologie e nella progettazione stilistica delle opere. Nello stesso periodo Renoir incontrò, in un corso all’Académie Suisse, gli allora giovani Paul Cézanne e Camille Pissarro, che avevano i suoi medesimi obiettivi.

Questi incontri portarono Renoir a sperimentare, andando contro le convenzioni del tempo. Per esempio cominciò, come fece anche Monet, a dipingere en plein air, rifiutando la consuetudine di disegnare persino anche i paesaggi in studio dopo averli visti “in loco”. Nella primavera del 1864, esattamente un anno dopo lo scandaloso e rivoluzionario Le Déjeuner sur l’herbe di Édouard Manet, Gleyre inviò i suoi 4 studenti alla foresta di Fontainebleau, dove Renoir dipinse la sua prima opera all’aperto (Giovane uomo nella foresta di Fontainebleau, 1864). La scelta del luogo fu peculiare, dato che era stato già teatro di vari disegni a soggetto naturale e antropico da parte di pittori come Théodore Rousseau e Jean-François Millet.

Pierre-Auguste Renoir, Ballo al Moulin de la Galette (1876)

Dopo questa esperienza, Renoir e gli altri studenti di Gleyre decisero di curare una mostra coi propri dipinti realizzati en plein air in una sezione indipendente del Salon parigino, nel 1874: tutte le opere erano accomunate dall’intento di non rappresentare la realtà mimeticamente, bensì raffigurare le impressioni di colore che arrivavano all’artista mediante il lavoro all’aperto e il contatto con la luce. Si può dire che con questo evento nacque l’impressionismo, seppur il movimento con la sua coerenza iconografica si sviluppò nei 10 anni a venire.

Renoir fu tra i più grandi interpreti di questo rinnovamento stilistico e contenutistico, specchio di un parallelo cambiamento antropologico verso la modernità e il Novecento. La sua cifra stilistica era improntata ormai all’uso di piccole e molteplici campiture cromatiche, arrivando quasi a far sentire le vibrazioni dell’aria e la luminosità della pelle delle sue figure antropomorfe. I suoi dipinti risultavano così decisamente fuori dai canoni pittorici tradizionali, attirando molte critiche e rifiuti dalla giuria del Salon. A differenza degli altri impressionisti, però, Renoir prediligeva iconologie umane a quelle naturali, motivo per cui riuscì ad entrare più facilmente nel nascente mercato dell’arte della borghesia più agiata, ottenendo commissioni facoltose. Capolavoro del suo periodo impressionista fu Ballo al Moulin de la Galette (1876). Questo quadro rappresenta uno dei dipinti più conosciuti ancora a oggi del movimento, in cui si ha la sintesi del soggetto portante dell’estetica di Renoir: la felicità spensierata della popolazione parigina. Il Moulin de la Galette era un locale popolare di Montmartre dove anche le classi più popolari si ritrovavano per ballare. A riempire lo spazio della visione del fruitore sono persone tutte sorridenti e gioiose (tra cui si hanno molti amici del pittore), disposte con cura simmetrica nei vari registri verticali del quadro e protette da un’ombra che riflette su di loro una luce quasi trasognante. La pennellata si allunga in un andamento sinuoso e delicato, dando una sensazione di continuità tra un cromatismo e un altro, come in una composizione musicale dinamica ed equilibrata.

Pierre-Auguste Renoir, Le bagnanti (1918)

Nei primi anni del 1880 Renoir fece poi diversi viaggi in Algeria, Italia e Provenza, con effetti enormi sulla sua estetica. Soprattutto nella Penisola scoprì la bellezza classica di Raffaello, con la pulizia delle sue linee e in Provenza poté rivalutare la tecnica “aspra” e neoclassica di Ingres. Da questo periodo fino alla sua morte nel 1919, il suo stile impressionista vide la fine a favore di una riconversione al neoclassicismo, con cui rendere meglio la pulizia delle forme e la nitidezza dei colori. In compenso, proprio in questi anni cominciò a colpirlo l’artrite reumatoide, rendendogli l’attività pittorica molto difficile. Simbolo di questo periodo fu la serie di dipinti de Le Bagnanti, soprattutto quello del 1918: in esso si ha la raffigurazione di nudi femminili en plein air dalla natura eterea e atemporale. Si possono vedere due donne distese in primo piano e tre giocare sullo sfondo del grande giardino piantato ad ulivi delle Collettes, dimora del pittore a Cagnes-sur-Mer. Qui, nel Sud della Francia, sarà dove Pierre-Auguste Renoir vivrà gli ultimi anni della sua vita, all’insegna del paesaggio mediterraneo che tanto gli ricordava l’Italia e la Grecia e il mondo classico. La cifra di quest’opera è dunque un idillio tra il barocco e il classico, con tanta sensualità, colori e materialità delle forme.

Una traduzione della sua gioia di vivere per e grazie alla pittura, nonostante la malattia.

Filippo Villani per MIfacciodiCultura