Se Il giallo [è di ] Pasolini (Newton Compton Editori), il nero è della cronaca che se n’è occupata, il grigio – invece – di quella verità emersa confusamente ed il romanzo di Massimo Lugli appare come una sorta di tributo dai contorni delineati e dal finale aperto. Il giallo Pasolini. Il romanzo di un delitto italiano del giornalista e scrittore Lugli – da circa quarant’anni impegnato sulla cronaca nera per vari quotidiani, tra cui «la Repubblica» –  è la narrazione dell’avventura parallela ed incrociata con quello che è stato acclarato tra i più grandi gialli italiani, del giovane protagonista/cronista di «Paese Sera» Marco Corvino.

Il piccolo corvo agli esordi della sua carriera professionale – con la precarietà ed il brio che li contraddistinguono – trasforma la storia della sua inchiesta – ufficiosa, non autorizzata – in una vicenda passionalmente legata alla ricerca della verità, nonché in un tributo ad uno dei più grandi liberi pensatori Pier Paolo Pasolini – lasciando emergere lo spaccato di una vittima dell’inaridimento culturale, dell’inamovibilità dell’ignoranza, di un’interiorità turbata dai mutamenti politici, sociali, di quella società degli anni settanta profondamente spaccata e in parte sottovalutata e dimenticata, prima ancora che dell’unico uomo che sia stato condannato dalla Giustizia per il suo omicidio, Pino Pelosi.

Tutto parte – dunque – da quel mattino del 2 novembre del 1975, quando si diffonde la notizia del ritrovamento del corpo martoriato di

Antonia De Francesco con “Il giallo Pasolini. Il romanzo di un delitto italiano”

Pasolini nei pressi dell’Idroscalo a Roma. Il praticante ventitrenne Marco Corvino apprende la notizia e ne rimane sconvolto – come tanti d’altronde – e vorrebbe occuparsi del caso che non gli viene affidato. Ciò non basta a fermarlo. Marco si lancia tra quegli “ultimi” che Pasolini raccontava con la maestria di pochi altri, in quel mondo -insomma – che sembrava averlo fagocitato.

L’intraprendenza tipica del mestiere giornalistico e le opportunità che lo costellano – spesso – bisogna coltivarle anche a prescindere, a maggior ragione quando le convinzioni personali o semplicemente le intuizioni sono profondamente radicate nell’animo di chi le asseconda. Così Corvino – decide di placare la sua smania di giustizia – indagando nei lati oscuri, rilevando incongruenze ed avvicinandosi a quella vita notturna di cui aveva solo letto nei libri del suo autore preferito. Nutre dubbi, ipotesi e perplessità, che condivide con altri grandi protagonisti dei tempi che Lugli trasforma in personaggi: la grande giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, l’avvocato Nino Marazzita o anche Johnny lo Zingaro.

Si avvicina ad una vastità umana, conosce momenti di esaltazione – adrenalinici per così dire – ma anche quelli di sconforto per una giovinezza intesa quasi come una “malattia”, come una condizione invalidante di perenne inesperienza; sfida la realtà in nome della verità e finisce, per questo, anche con il mettere in serio pericolo la sua incolumità.

Il giallo Pasolini in quanto romanzo non è una storia vera, ma nulla le impedisce di essere realistica. Gli spaccati sulle arti marziali o sulla vita dei giornalisti accrescono la curiosità; la scrittura scorrevole ed incisiva favorisce l’osmosi con quell’Italia degli anni settanta, con i suoi scontri politici, con le sue mode e le sue consuetudini. L’amore che le pagine trasudano per un intellettuale come Pier Paolo Pasolini rimandano con nostalgia all’autore di «Ragazzi di vita», «Una vita violenta» – giusto per citarne due tra i più celebri – alla sua lungimiranza – tra tanta “miopia” – nel cogliere certe sfumature della vita e dell’uomo, le sue debolezze e le sue virtù, il tutto riuscendo a non trasformarsi in un moralista.

“Tutto ha un prezzo. Respirai a fondo e annuii a me stesso. No, non era finita. Non per me. Qualcosa la dovevo ancora fare e l’avrei fatta, al diavolo tutto. Lo dovevo a me stesso, all’avvocato Marazzita, a Mariella e, in qualche modo, perfino a Pier Paolo Pasolini che non avevo mai conosciuto.

Scriverci un libro.

Quello che avete appena finito di leggere”.

Antonia De Francesco per MIfacciodiCultura