Confermando una vena artistica legata ad una natura pittorica, Ruggiero Di Lollo col suo libro Goliarda Sapienza – La mia Goliarda (Caramanica Editore, 2024) regala ai lettori pennellate di ricordi, piccoli e grandi tasselli della sua amicizia con la scrittrice legata alla città di Gaeta (Lt) , dove è morte e riposa, e suo marito Angelo Pellegrino.

Di Lollo parte proprio da lui, Angelo Pellegrino. Il primo con cui è entrato in rapporto amicale quando, nella Gaeta degli anni Settanta, arrivò per insegnare lettere presso lo stesso istituto in cui era l’autore stesso impegnato come docente d’arte. E’ in un secondo momento che è sopraggiunto il rapporto con la Sapienza. Un rapporto fortemente radicato alla città “galeotta”, nella quale i coniugi Pellegrino e Sapienza decisero di prendere una piccola abitazione per trovarvi riparo dalla caoticità della Capitale, non appena potessero.

In questi momenti di ritrovamento della dimensione umana, parafrasando il concetto di ristoro che lo stesso Di Lollo racconta pensando alla loro permanenza nella città pontina, il rapporto snodatosi tra cene – fatte di buon cibo e calici di vino bianco – lunghe conversazioni – tra arte, letteratura e politica – e gite fuori porta, come a Palamarola (Lt) o a Campodimele (Lt).

Di Lollo non risparmia nulla ai suoi lettori, è un autore generoso nello scendere nell’intimità di alcuni spaccati o di talune confidenze. Lo fa grazie a ricordi, evidentemente, vividi nella sua memoria, e foto tirate fuori proprio dal suo più personale cassetto che ha scelto di inserire qua e la tra le pagine.

Così restituisce la “sua” Goliarda: morbosamente attaccata alle sigarette, alla scrittura ovunque si potesse sentire ispirata col suo “studio” portatile racchiuso in un pacchetto di sigarette, un accendino, della carta ed una stilo gialla a punta sottile in una borsa di lana a tracolla che portava sempre con sè.

L’amore per il bar (Bar Triestina a Gaeta!) – il suo “studio” – per il mare, per l’energia delle pietre da risucchiare, la veemenza dei sentimenti vissuti appieno da una personalità dirompente, in grado di “entrare” in un film e monopolizzare l’attenzione di una sala cinematografica (il teatro cinema Ariston di Gaeta!) con commenti ad altissima voce e “discussioni” con i personaggi della pellicola durante e dopo la proiezione.

Questa è la “sua” Goliarda; questa è la Goliarda che restituisce Di Lollo, in un testo che sembra un po’ sospeso nel tempo, una sorta di rivendicazione dell’affetto vissuto tra loro, dolce, a tratti malinconica, che – tutto sommato – non sembra però completa: lo spessore dei sentimenti raccontati, la profondità degli episodi menzionati, lasciano presagire che potrebbe esserci tanto altro da dire e a suggerirlo ci sono tanti episodi che sembrano come interrotti e dei quali qualsiasi curioso lettore potrebbe essere spinto a volerne sapere di più!

Vero è, però, che pagine che vengono da così lontano – dal punto di vista temporale tanto quanto emotivo – meritano il rispetto della personale volontà di disvelamento. E allora il ritratto che Di Lollo ha consegnato alle stampe della sua amica Goliarda Sapienza, autrice indimenticata del romanzo “L’arte della gioia“, scritto in dieci anni e completato prorpio a Gaeta, negli anni della loro frequentazione, è proprio una tela a tinte accese, ma senza cornice, che impreziosisce una “pinacoteca” di raffigurazioni di una indimenticata donna e scrittrice.

Antonia De Francesco per MIfacciodiCultura