«Lasciatevi andare alla noia!
Lasciate che i bambini conoscano la noia!
»

Con la mano tieni il ritmo lento del tuo cuore, con gli occhi fissi una parete vuota e con la mente cerchi pensieri nascosti ormai da troppo tempo. L’orologio segna un’ora indefinita, un’ora che passa per poi non tornare più. Perdiamo istanti convinti che è solo vivendo nell’eccesso che effettivamente stiamo vivendo, quando in fondo è nell’istante stesso che ci si regala vita. Sentiamo la noia su di noi e la portiamo come fosse un peso, dimenticando che anche dalla noia si può trarre qualcosa di buono.

Dopo l’elogio della distrazione, ci troviamo ora faccia a faccia con un’altra alleata della creatività: la noia. Non sono pochi quelli che cercano in tutti i modi di evitarla, provando a riempire il tempo in ogni singolo dettaglio, pur di non vivere nemmeno un secondo senza fare nulla, per poi lamentare la mancanza di un solo, piccolo, attimo di pace. In fondo si sa che siamo degli esseri contradditori, così come si sa che la scrittura è uno dei veicoli per andare controcorrente e quindi oggi, anziché criticare la noia, l’elogiamo.

I viaggiatori, Eduard Ole, 1929

Se con la distrazione, presa nel giusto mezzo, è più semplice comprendere perché sia alleata della creatività e della fantasia, con la noia questa comprensione sembra più difficile. Perché? Per il modo di intendere comune, la noia è legata ad una sensazione di malessere emotivo, ad un senso profondo di insoddisfazione, non può quindi essere associata a qualcosa di positivo come la creatività. La distrazione di per sé fa venire in mente l’allontanarsi momentaneamente dallo stress quotidiano, dalle scadenze esterne, e dalla noia stessa. Invece questa? La noia fa venire in mente il tempo perso, la monotonia, in una parola: il grigio.

E allora? Perché elogiare la noia? Perché considerarla alleata della creatività al pari della distrazione?

I sani momenti di noia ci permettono di entrare in contatto con noi stessi, di entrare in empatia con il nostro io. In questo modo, la nostra mente, ha la capacità di rilassarsi e staccarsi momentaneamente dagli affanni quotidiani che la obbligano sempre al fare e nei momenti di noia può quindi dedicarsi al pensare. La noia è proprio quel momento in cui non devi fare nulla e quindi puoi fare tutto, puoi pensare tutto e qui entra in gioco la creatività. La fantasia, la creatività hanno sì, bisogno di stimoli per manifestarsi, ma anche di tempo, sano tempo svuotato di quella frenesia contemporanea in cui ogni istante deve essere programmato, in cui non può esistere la parola vuoto.

Come nel caso della distrazione le neuroscienze avvaloravano l’idea che la distrazione stessa alimentasse la creatività, anche nel caso della noia la scienza ci offre degli ottimi spunti di riflessione che appoggiano questo elogio. La scienziata e professoressa inglese Teresa Belton sostiene, infatti, che sia una connessione diretta tra la noia e l’immaginazione. La noia aiuterebbe quindi lo sviluppo della “stimolazione interiore” che sfocia nella creatività e in questo modo la noia sembra essere un prodotto dell’evoluzione, come sostiene lo psicoanalista Adam Phillips. Ciò che spinge la scienziata Belton a promuovere questa interconnessione tra creatività e noia, è lo studio di biografie di alcuni personaggi famosi passati, grandi artisti e scrittori, lontani da questo tempo iper su ogni aspetto.

A prescindere da questa correlazione, e quindi alla noia come possibilità di creare, Teresa Belton vede nella noia in sé un aspetto positivo. Anche se non portasse alla creatività, porta comunque all’empatia, perché attraverso essa abbiamo la possibilità di imparare a comprendere e cogliere l’esistenza di un mondo che è esterno a noi, a cogliere l’alterità.

Il Dottor Gachet, 1890, Vincent Van Gogh

Tutto questo rende chiaro perché la noia viene elogiata in questa sede, e perché dovrebbe esserlo nella vita quotidiana. La noia rappresenta infatti una duplice possibilità: quella di creare per l’altro e per noi stessi e quella di metterci in contatto con l’altro da noi, favorendo buone relazioni e quindi empatia reciproca. Non è un caso che la nostra contemporaneità soffra sempre più di mancanza di empatia e sia colpita da una profonda ferita narcisistica. Ognuno, infatti, cerca di riempire il tempo libero, specialmente quello dei propri figli, con così tante attività da avere poi il cervello saturo, sempre più lontano dalla creatività e dagli altri.

Se solo ci ascoltassimo seriamente di più, se solo guardassimo davvero i nostri figli negli occhi, ci renderemo conto che abbiamo un disperato bisogno di annoiarci, perché abbiamo un disperato bisogno di sentirci di nuovo vivi.

Vanessa Romani per ArtSpecialDay