Cari amici, vi scrivo.

In questo piccolo spazio che mi è concesso, da qualche mese a questa parte, abbiamo cercato con ogni mezzo a disposizione di proporvi sempre qualcosa di originale, di (peccando magari di tracotanza, ma in nome della cultura, suvvia), “diverso”, di innovativo. Qui, su questo lembo di pagina virtuale, cerchiamo di scovare quelle piccole sfumature di colore che, talvolta, vengono smarrite nel grande dipinto della musica d’autore. La poesia, detta altrimenti. Questo mondo assurdo di sentimenti trasformati in parole, di parole trasformate in versi, di versi trasformate in vite intere. E di vite che finiscono per essere raccontate in musica, in letteratura, in arte. In Arte.

A volte sembra una sbavatura la vita: una pennellata indecorosa di un pittore col Parkinson.

Eppure torniamo sempre a questa assurda occupazione. Torniamo sempre a vivere.

Facile, direte voi, non si può smettere. O meglio, si può, ma una volta sola.

Beh, sì e no. Nella nostra opinione, vivere ed esistere sono due cose opposte tanto quanto lo sono vivere e morire. L’esistenza è una tranquilla camminata estiva. La vita è tutt’altro: è un volo, una folle fantasia molto vicina a quella seconda stella a destra. Se esisti puoi anche raggiungere la serenità, ma è solo vivendo che puoi essere felice.

Ne L’anno che verrà, Lucio Dalla ha fatto qualcosa di molto semplice: ha perquisito il mondo. L’ha rovesciato e gli ha svuotato le tasche. Così facendo ha cercato di mostrarci tutte quelle piccole meschinità che portiamo avanti di giorno in giorno. Miserie che accumuliamo nel ripostiglio, sotto al letto, per non ritrovarci nudi davanti al pubblico ludibrio.

Ma la bella vita che vogliamo mostrare, è davvero sinonimo di realizzazione personale?

Almeno un po’, siete felici?

«Qualcosa ancora qui non va», cantava e continua a cantare Lucio.

Il caro amico a cui Dalla si rivolge non ha un nome, non sappiamo chi sia. Qualcuno ha fatto delle ipotesi: è un amico d’infanzia? Un vecchio amore? O tutta la canzone è una preghiera e il “Caro Amico” è Cristo in persona?

Noi non lo sappiamo e neanche ci interessa saperlo.

Perché il punto è un altro: è chi ascolta che deve decidere. Ognuno di noi pensa a qualcuno. I più fortunati possono parlarci, alla maggior parte è riservato un ricordo. La canzone serve a questo: restaurare il passato. Colorare emozioni sbiadite dal tempo e dalla nostra testardaggine.

Perché ci spaventiamo troppo e troppo presto. Siamo subito pronti a mettere «i sacchi di sabbia vicino alla finestra» (anche se, all’epoca della canzone, Dalla si riferiva agli episodi di mafia che accadevano nel nostro amato Stivale).

Spesso non reagiamo neanche. Spesso ci troviamo a picchiarci in testa inutilmente, come capita a quell’orso dolce e impacciato di Winnie Pooh, «Oh, rabbia», amici.

Lucio Dalla, album che contiene L’anno che verrà (1979)

E quando tutto sembra perduto, arriva una cosa che risorge sempre, anche dopo l’inverno più gelido: la speranza. Speranza che risiede nell’angolo di cuore di quelle persone che non sono morte dal collo in giù. Quelle persone che non sopportano chi non sogna. La speranza nell’anno che verrà. Perché c’è sempre, un anno che verrà.

Quelle persone dello stampo di Lucio Dalla: capaci di prendere la sensibilità e farne arte.

E allora via, a lavorare di fantasia: preti che si sposano, muti che parlano, cibo per tutti, luce eterna. Un anno nuovo, in cui fare l’amore diventa più importante di tutto il resto.

Nessuna crocifissione, nessun peccato. Solo una rosa rossa e una donna da chiamare amica.

E noi sorridiamo. Perché abbiamo imparato a farlo, o perché i sogni degli altri sembrano sempre più assurdi dei nostri. Sorridiamo perché lo sappiamo che è tutto finto. Perché siamo perfettamente consci del fatto che, probabilmente, ci sono desideri che è meglio non avere. A sperare ci si fa male.

Però, prima di farvi i miei auguri per L’anno che verrà, voglio chiedervelo di nuovo: siete felici?

La risposta è nel vento, direbbe Dylan.

Ma la risposta è anche qua a terra. Non è così lontana.

Non so quali siano i vostri sogni per l’anno nuovo. Scommetto che molti hanno promesso di iscriversi in palestra, altri di cominciare la dieta (di nuovo eh?), qualcuno si sarà promesso di dare una svolta sul lavoro, o sugli studi.

Qualsiasi cosa decidiate di fare, ricordatevi che sperare fa male.

Dovete sperare, quindi. Non c’è altra scelta.

Non fate finta di niente, perché se è vero che i sogni sono i diavoli della vita, è anche vero che, a volte, all’inferno puoi incontrare angeli stupendi e cieli immensi.

Il dolore è inevitabile. Rassegnarsi al dolore no.

L’anno che verrà durerà un solo anno. Come sempre, il tempo risulta essere mortalmente banale.

Spero che proverete a sperare.

E un giorno qualsiasi dell’anno nuovo, di questo Anno che verrà spero di incontrare Anna e Marco, giusto per avere la conferma di un sentore che a volte mi abbandona. Giusto per vederli ritornare mano nella mano e avere la conferma che, almeno per un po’, si può essere felici.

Ciao, amici miei. 


Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c’è una grossa novità,
l’anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va.

Si esce poco la sera compreso quando è festa
e c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
e si sta senza parlare per intere settimane,
e a quelli che hanno niente da dire
del tempo ne rimane.

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
porterà una trasformazione
e tutti quanti stiamo già aspettando
sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce
anche gli uccelli faranno ritorno.

Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno,
anche i muti potranno parlare
mentre i sordi già lo fanno.

E si farà l’amore ognuno come gli va,
anche i preti potranno sposarsi
ma soltanto a una certa età,
e senza grandi disturbi qualcuno sparirà,
saranno forse i troppo furbi
e i cretini di ogni età.

Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico
e come sono contento
di essere qui in questo momento,
vedi, vedi, vedi, vedi,
vedi caro amico cosa si deve inventare
per poter riderci sopra,
per continuare a sperare.

E se quest’anno poi passasse in un istante,
vedi amico mio
come diventa importante
che in questo istante ci sia anch’io.

L’anno che sta arrivando tra un anno passerà
io mi sto preparando, è questa la novità.

Nicolò Peroncini per MIfacciodiCultura