Che cos’è la felicità? Domanda da tema in classe di seconda elementare, a cui però è difficilissimo dare un a risposta. Essa è una sorta di divinità e non a caso è forse la seconda causa scatenante di conflitti della storia, proprio dopo la religione.

#EtinArcadiaEgo - la Lettera sulla Felicità di Epicuro, meraviglia della letteratura greca
Epicuro

Tutti ne riconosciamo le cause e gli effetti, ma la sua natura profonda? Ogni riposta sarebbe probabilmente inadatta, manchevole in qualche lato di una completezza soddisfacente. Eppure, a cavallo fra il IV e il III secolo a.C. un greco (e avrebbe potuto essere altrimenti?) tentò lo stesso di dare una sua spiegazione. Il risultato è uno scritto meraviglioso, emozionante nella sua infinita razionalità, uno dei lasciti più stupefacenti che la Grecia antica ci ha donato. A comporla fu il filosofo più amato e odiato della storia, forse il meno ipocrita di tutti i pensatori: Epicuro, il filosofo del Giardino.

Epicuro lasciò un tale segno nella storia della filosofia da costringere anche i suoi più accaniti detrattori a riconoscere la sua grandezza. Lo stesso Seneca, portabandiera dello stoicismo e fiero avversario della filosofia epicurea, la pensa allo stesso modo sulla morte, pur arrivandoci per vie diverse. Il Medioevo poté odiarlo (la Commedia di Dante colloca gli epicurei nello stesso girone degli eretici) ma dimenticarlo no, sarebbe stato impossibile.

Dei suoi scritti restano sparuti frammenti e tre lettere, fra cui la Lettera a Meneceo, meglio nota come Lettera sulla felicità. Epicuro la definisce la felicità principio e fine perché soffriamo in sua assenza, mentre la sofferenza finisce proprio quando la felicità è parte di noi.

Leviamoci subito dalla mente l’immagine di Epicuro come filosofo godereccio, perché il suo pensiero è proprio l’esatto opposto. Solo vana gioia danno i lussi, perché essi non sono duraturi e soprattutto portano il dolore per la loro assenza. La felicità è invece nella vita semplice, nelle piccole cose che sono sempre con noi. Attenzione: questo non è il solito elogio della povertà di qualche pensatore ipocrita che anela il denaro di un potente. Epicuro trasforma un inno alla povertà in un ragionato discorso sulla bontà del semplice e la conclusione assomiglia alla massima preferita dalle anziane comari di paese: se c’è la salute, c’è tutto. Il lusso ha sempre una fine, gli eccessi hanno una durata limitata, i soldi possono finire, la felicità di una vita tranquilla e senza problemi è eterna, immutabile e sicura. Il che non significa condurre una vita di rinunce, ma una scelta di ciò che è utile e ciò che è dannoso.

#EtinArcadiaEgo - la Lettera sulla Felicità di Epicuro, meraviglia della letteratura greca
Lo stoico Seneca

La straordinarietà dell’opera di Epicuro sta nell’analizzare con mente lucida ogni anfratto della psicologia del piacere: i desideri non vanno di certo esauditi senza riflettere, ma nemmeno ignorati. Vorrebbe dire mortificare il corpo e l’animo, e renderebbe impossibile ottenere la vera felicità. I desideri vanno invece conosciuti, e analizzati fino ad arrivare a comprenderne ogni derivazione o motivo. E a quel punto sarà naturale rigettare i desideri dannosi, perché nulla hanno più da nascondere, e la nostra felicità è più importante di una qualunque temporanea velleità. Felicità, continua Epicuro, è in primis liberazione dal dolore e da tutte le sofferenze: e quale modo migliore di liberarsene se non quello di non darci peso?

Epicuro è un personaggio unico nella storia della filosofia, perché fu il primo a parlare in maniera chiara e ragionata della vera natura dell’uomo e di cosa realmente lo spinge a vivere: la felicità. Non il dovere o il desiderio di gloria degli eroi omerici, ma un piacere duraturo e non disposto al sacrificio. Eppure non sfocia mai nell’isolamento o nell’egoismo, come molti dei suoi seguaci futuri, ma anzi loda la solidarietà, perché non v’è piacere più grande di quello del soccorrere un amico.

Un testo straordinario, una ragionata poesia in prosa che incita l’uomo, che sia vecchio o giovane, ad essere felice. Personalmente, lo renderei lettura obbligatoria nelle scuole, negli ospedali, nei bar sport, perché la felicità è un diritto e dovere proprio dell’uomo.

Luca Mombellardo per MIfacciodiCultura