Si conclude col plauso di autori e critica la ventinovesima edizione di Artissima, una delle fiere di arte contemporanea più importanti nel panorama culturale europeo, che si tiene ogni anno a Torino. Anche nel 2022 l’esposizione ha presentato una riflessione sulle tendenze innovative dell’arte in relazione alle trasformazioni della società attuale. Il tema di quest’anno è stato “Trasformative Experience”, concetto elaborato dalla filosofa americana Laurie Anna Paul, secondo la quale un’esperienza trasformativa è capace di modificare radicalmente la persona che la vive, mettendone in crisi le aspettative prefigurate razionalmente. Sono state 174 le gallerie chiamate a confrontarsi con questa tematica, declinata attraverso le interpretazioni fornite dagli artisti e dall’accurata selezione delle opere proposte. Alle già consolidate sezioni che compongono la manifestazione – Main Section, New Entries, Monologue/Dialogue e Art Spaces & Editions, – si affiancano Back to the Future, Present Future e Disegni. Quest’ultima rappresenta una sezione unica nel panorama fieristico italiano e presenta progetti che valorizzano l’autenticità e l’autonomia del prodotto su carta. Rispetto alle edizioni passate, il focus sulla prassi artistica del papier è stato un tratto distintivo di Artissima22 e ha coinvolto diversi stand, evitando l’onnipresenza della pittura e della scultura che solitamente caratterizza questi eventi. Da qui, la volontà di tracciare un percorso che accompagni il visitatore alla scoperta di opere significative che facciano della scrittura, del linguaggio e dell’uso di un materiale effimero come la carta lo strumento espressivo prediletto, in accordo con l’idea di transitorietà della “Trasformative Experience”.

Ad introdurre questo viaggio è lo stile favolistico ma disincantato dell’alfabeto di Daniela Ortiz, “ABC dell’Europa Razzista”, esposto dalla Galleria Laveronica. La stilizzazione delle lettere rimanda a quella adoperata nei libri per l’infanzia mentre i fogli che costituiscono l’installazione sembrano strappati via dai muri di una scuola elementare; si tratta di un’espediente attraverso cui l’artista denuncia le strategie adoperate dai paesi colonialisti per diffondere tra la popolazione, fin dalla più tenera età, un’ideologia capitalista e patriarcale dominata dalla supremazia dell’uomo bianco. Attraverso linguaggi pedagogici e formati infantili, Ortiz rivendica le memorie e le genealogie della storia

Lucia Marcucci, 2012, Non c’è dove posare lo sguardo, acrilico su tela stampata, cm 165×119

anticoloniale che hanno contrastato la strategia di cancellazione dell’imperialismo. La galleria polacca ESTA presenta un progetto monografico dedicato a Stanisław Dróżdż, tra i maggiori esponenti della neoavanguardia formatasi a Varsavia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel manifesto del 1967 “Le Forme del Concetto”, l’artista spiega come il pensiero trovi un corrispettivo tangibile nel segno tipografico, secondo i dettami della Poesia Concreta. Le forme concettuali sono sia testo che immagine: concretizzano visivamente e graficamente la forma materiale del concetto, ideogrammi sintetici che integrano scienza e arte. Gli esperimenti di Dróżdż, infatti, non si limitano al campo della linguistica ma coinvolgono anche discipline affini come la matematica e la logica, adoperando numeri, lettere e simboli aritmetici quali elementi compositivi.

I lavori di Mirella Bentivoglio, presso la Galleria Gramma Epsilon, sono esemplificativi di quella tendenza “off-kulchur” che propugnava l’unione tra arte visiva e linguaggio. L’esposizione monografica “Metamorfosi” mira a restituire i tratti salienti della poetica di Bentivoglio attraverso una selezione delle sue creazioni più esemplificative. Dagli anni Settanta l’artista inizia ad adoperare sottili giochi linguistici per denunciare la subordinazione delle donne all’interno di un mondo fatto ad uso e consumo degli uomini, soprattutto in campo culturale. I lavori di questo periodo mirano all’azione concettuale e materica del “de-costruire” la forma per “ricostruire” nuovi significati, in una continua e costante metamorfosi: appare evidente in opere quali “Il simbolo inciso nell’inconscio” in cui il volto di una giovane donna si trasforma progressivamente in un uovo con serpente, o ne “Il cuore della consumatrice obbediente” reinterpretazione del logo della Coca Cola. Bentivoglio ha ‘spezzato’ parole, espressioni, schemi e concetti per svelare il senso profondo della natura e della cultura, introducendo nuovi punti di vista e interpretazioni della realtà. È ancora una donna l’artista scelta per rappresentare la Galleria bolognese P-420 che espone due opere di Irma Blank realizzate negli anni Ottanta, “Annotazioni AX-5” e “Radical Writings”. Anche il lavoro di Blank è attraversato da una profonda dialettica tra scrittura e disegno, due elementi che rendono immortale l’opera d’arte tramite la ripetizione di un gesto, di un simbolo, di un tracciato che lascia un segno tangibile della sua esistenza. La scrittura di Blank non è fatta per essere letta ma per essere contemplata da lontano, in modo da poterne cogliere la totalità dei rapporti e dei ritmi che si creano. Con la serie dei “Radical Writings”, Blank rende ancora più astratto il segno e più chiaro il rapporto che questo intrattiene con il tempo. Le lunghe tracce di colore sono più lineari e uniformi, e a ogni riga corrisponde la lunghezza di un respiro: in questo lavoro «Blank dipinge, letteralmente, tutto d’un fiato». Greta Schödl, presentata dalla Labs Contemporary Art con le opere “Blue Characters on Paper” (1970) e “Untitled” (2020), adopera un linguaggio visivo che rende omaggio alla tradizione mitologica e alla figura della donna, di cui indaga l’ancestrale lavoro di tessitrice. La sua ricerca parte dall’analisi del segno inteso come riferimento al lavoro muliebre svolto col filo, disvelando, attraverso una scrittura lenta e progressiva, l’essenza femminile della vita stessa. Il suo lavoro incorpora lettere e simboli ripetuti ossessivamente fino a divenire elementi astratti, privati del loro significato originario e rivestiti di nuova simbologia. Forme geometriche e tratti eseguiti a mano libera si intrecciano con parole, illuminate con foglia d’oro o ricamate con filo, fissate su diverse superfici quali carta, libri, lettere personali, pietre e oggetti familiari. Tra quelle tracce minuziosamente eseguite si celano le emozioni profonde che l’artista non riesce a comunicare verbalmente e, per farlo, crea forme alternative di espressione e interpretazione. Il tema della tessitura ritorna anche in Elisabetta Gut (Repetto Gallery), poetessa verbo-visiva vicina alle posizioni della neoavanguardia italiana, che adopera il filo per legare insieme gli elementi voracemente sottratti alla realtà. Da questa prassi artistica derivano “collages” e “assemblages” nei quali inserisce immagini, frammenti scritturali ed elementi vegetali che si trasformano in meravigliosi libri-oggetto, vere e proprie sculture le cui pagine manoscritte sono decorate con foglie, semi, rami, fiori, fili e gusci insieme a note musicali, poesie, calligrafie. Il filo non costituisce solo un elemento di rilegatura ma è il mezzo per creare una nuova scrittura pentagrammatica: cancellando le parole che affollano le pagine del volume e sottraendole a una lettura esasperata e abusata, restituisce loro vera poeticità. La fiorentina Frittelli Arte Contemporanea dedica a Lucia Marcucci il progetto monografico “Il potere delle immagini” con cui ripercorre le tappe salienti del suo percorso artistico, instaurando un dialogo tra i collage del 1970 e i più recenti lavori del Duemila. Il nome di Lucia Marcucci è legato al rivoluzionario Gruppo 70 che proponeva una riflessione sul rapporto tra letteratura e società, con particolare attenzione al linguaggio e ai nuovi temi connessi allo sviluppo tecnologico e scientifico. Il lavoro di Marcucci è connotato dall’uso di parole e immagini estrapolati dal mondo della comunicazione di massa per denunciare la condizione della donna nella contemporaneità e la mercificazione della sua immagine. Il doppio codice verbo-visivo è lo strumento con cui dare forma alla spinta ideologica alla base delle poesie visive provocatorie e dissacranti, dove spesso i messaggi spregiudicati vengono tratti dalla terminologia dei baloons dei fumetti. Nel ciclo esposto ad Artissima “Città larga”, Marcucci manomette gli stendardi in stoffa appesi ai pali della luce, un tipo di pubblicità che ultimamente invade i quartieri cittadini, stravolgendo il messaggio dei media e perseguendo la sua battaglia contro i dogmi della cultura dominante.

David Reimondo porta avanti una profonda riflessione sul linguaggio e sulle implicazioni che esso comporta nell’agire e nella vita dell’uomo. L’opera presentata dalla Galleria Mazzoleni dal titolo “Quando pensiamo” (2018) si inserisce all’interno del progetto “Etimografia”, che impegna l’artista nella creazione di una nuova modalità espressiva in grado di fondere insieme ideogrammi, pittogrammi e glifi. Il fine ultimo è giungere alla produzione di nuovi grafemi e nuovi fonemi che vivono grazie all’aggregazione degli uni con gli altri. Presupponendo che la parola vada ad incidere sulla dimensione mentale e non si limiti ad un piano puramente estetico, diviene evidente come l’obiettivo di Reimondo sia quello di creare un nuovo modo di pensare che svincoli l’uomo dai retaggi ancestrali della società e della cultura di
riferimento. Infine, a conclusione di questo immersivo viaggio nella scrittura, è necessario ricordare la ColophonArte che espone una serie di libri d’artista realizzati da personaggi di spicco attivi entro i confini della neoavanguardia italiana e internazionale. Non si tratta di una Galleria – nel senso canonico del termine – ma piuttosto di una 
realtà editoriale che rifugge le pratiche correnti di spettacolarizzazione e di vendita del mercato dell’arte. Il libro d’artista diventa il corrispettivo oggettivo del confronto tra poesia, immagine e pensiero, distinguendosi dalle coeve produzioni culturali per la sua forte autonomia espressiva, e si sottrae all’imperialismo estetico dei tempi moderni per farsi strumento di vera bellezza. Moltissimi sono gli artisti coinvolti nel progetto, tra cui Enrico Baj, Toti Scialoja ed Emilio Villa.

Noemi Madonna per MIfacciodiCultura