Gli ambienti di Fontana: oltre la dimensionalità tradizionale

Installazioni ambientali Environments realizzate da Lucio Fontana tra il 1949 e il 1968.

Gli ambienti di Fontana all'Hangar Bicocca: oltre la dimensionalità tradizionale
Luce spaziale – Struttura al neon

Grazie ad accurate ricerche d’archivio, la storica dell’arte Marina Pugliese, la restauratrice Barbara Ferriani e la collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana hanno reso possibile l’osservazione e la fruizione di questi ambienti, in passato distrutti dopo la loro esposizione. Un’opera di ricostruzione su un gruppo di lavori considerevole e poco conosciuto.

Fontana padre indiscusso dello Spazialismo con il Manifesto Blanco scritto in Argentina nel 1946 introduce l’idea di spazio non solo come elemento costitutivo del gesto artistico ma quale struttura concettuale dell’atto artistico. Gli “spazi” per Fontana sono nuova materia plastica e colorata, spazi entro cui l’uomo e l’universo si muovono in un tempo che scorre. Non sono solo quindi un proclama estetico ma anche sociale: esprimono la volontà di passare da una società tradizionale ad una nuova, proiettata verso il futuro. Un’arte che investe totalmente la vita e lo spazio come l’Ambiente spaziale a luce nera (immagine di copertina) del 1949 presentato nella Galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo, dove elementi fosforescenti appesi al soffitto spaesavano il visitatore completamente immerso in uno spazio espositivo nero. Nell’immediato dopoguerra l’artista arriva a Milano una città viva e aperta verso il futuro e con quest’opera raggiunge un suo vertice. Frattanto la pubblicistica spaziale si era arricchita attraverso alcuni manifesti: il primo Manifesto dello spazialismo risale al 1947 e distinguendo fra “immortalità” ed “eternità”, reclama l’importanza del gesto creativo, che, al contrario della materia, è “eterno”.

Il linguaggio innovatore lo possiamo ritrovare anche nell’opera Luce spaziale – Struttura al neon del 1951, un immenso ghirigoro realizzato con un sottile tubo fluorescente sospeso sopra lo scalone del palazzo della Triennale di Milano, un intervento nitidamente lineare che trasforma la percezione dello spazio architettonico esistente. Tra i successivi ambienti è il Labirinto Bianco per Documenta 4, Kassel 1968, dove protagonista è una parete con un grande taglio, elemento distintivo dell’artista che ne attesta il superamento fisico e concettuale, il passaggio dalla tela allo spazio.

Ambiente Spaziale

Le ricerche di Fontana si focalizzano in modo particolare sul concetto di superamento della concezione dell’opera tridimensionale: è la ricerca di una nuova dimensione che diventa parte dell’elaborazione creativa.

Sicuramente le opere che lo hanno reso più famoso sono i Buchi e i Tagli, opere emblematiche nelle quali Fontana crea, indaga una nuova dimensione, l’infinito. Si oltrepassano i limiti tradizionali dell’idea di spazio pittorico nella consapevolezza di una libertà creativa e operativa. Fontana introduce con queste opere un ulteriore spazialità, lo spazio alluso non è più terreno, né certamente prospettico, né di pura fisica imminenza; è invece d’allusione cosmica. Sia i Buchi che i tagli sono fratture emblematicamente rivelatrici di un’altra dimensione, come lo è il segno di “neon” nello spazio architettonico. Segni nuovi e presenze fisiche di concetti innovatori di spazio manifestati sulla superficie tradizionale del dipinto.

Lucio Fontana ha investigato nella sua carriera nuovi concetti, trasformando la concezione di pittura, scultura e spazio: la mostra Ambienti/Environments offre un’esperienza unica nel suo genere, capace di affascinarvi e rapirvi.

Laura Testa per MIfacciodiCultura