Alla ricerca del Senso perduto. L’importanza di riscoprire la Filosofia

“Si può vivere senza musica, senza gioia, senza amore e senza filosofia. Ma mica tanto bene.” Vladimir Jankélévitch
“Scuola di Atene”, particolare

Non è errato dire che il nostro Paese è quello in cui lo studio della Filosofia nelle scuole superiori ha molto spazio, è insegnata infatti per un intero triennio in alcuni tipi di scuole. Senza addentrarci troppo in dettagli storici, si ricorda che l’introduzione nelle scuole superiori secondarie di questa materia avvenne nel 1923 con la riforma Gentile, in precedenza invece, con la legge Casati del 1859 era insegnata solo all’ultimo anno. Enrico Berti fa notare come la scelta di Gentile fu soprattutto idealistica, difatti la Filosofia fu dallo stesso collocata al di sopra di tutte le altre scienze.

Oggi assistiamo ad una vera crisi delle scienze umane in generale e in particolare della Filosofia che, con l’epiteto di inutile o astratta, viene declassata.

Martha Nussbaum ha denunciato la crisi degli studi umanistici nel nostro tempo, ed è una crisi segnata da un disinteresse nei confronti della letteratura, della storia e della stessa Filosofia.

Freud definisce ciò che viviamo un dumbing down ovvero una banalizzazione culturale.[1]

La Nussbaum in, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanista (2011) rende palese tale crisi dell’istruzione, mostrando come la nostra società sia più interessata alla crescita economica e quindi a sviluppare le abilità solo pratiche-scientifiche di un individuo, lasciando agli studi umanistici e artistici solo un ruolo collaterale.

Il problema risiede in questo piccolo e significativo termine: solo.  Non è difatti la tecnologia a creare un danno, ma l’utilizzo che ne facciamo e soprattutto il fatto che per essa annulliamo tutto il resto, e tutto il resto non è nient’altro che la condizione che ci fa essere ciò che siamo. La stessa Nussbaum infatti, non intende sostenere che la cultura propriamente detta classica sia superiore a quella scientifica, ma che la prima è il biglietto che ci permette di nutrire la nostra libertà di pensiero e l’autonomia di giudizio. Un grande studio di LaschLa cultura del narcisismo (1979) descrive proprio una società avanzata, ma allo stesso tempo immersa in una crisi di valori tali da aver rovesciato il significato dell’esistenza umana che non tiene conto nemmeno dell’ambiente circostante, ma porta avanti una «tecnologia senza razionalità».[2]

Abbiamo perso il senso greco di fare Filosofia, l’amore per il sapere che spinge a chiedere a noi stessi di più.

Additiamo come perdita di tempo chi, alla stregua di Socrate, getta il seme dell’inquietudine dentro di noi, senza renderci conto che, nel momento in cui consideriamo una persona come una perdita di tempo la stiamo privando della sua essenza di essere umano. E se invece dietro questa misera considerazione fosse nascosto il disappunto verso il fatto che la Filosofia, come la cultura, è fuori dal ciclo della produttività e quindi del consumo? Gli animi sensibili alla cultura si trovano come l’uomo che Platone descrive nel mito della caverna[3], l’uomo che sente di avere una missione nei confronti dell’umanità, ma che da quest’ultima non viene ascoltato.

La Filosofia, come chi la vive (e non solo come studio universitario, ma anche come nutrimento personale) è fuori dal regno della necessità effimera e fuori dall’apparato capitalista che ci vuole sempre più consumatori. Non a caso i fini del capitalismo e della Filosofia sono spaventosamente opposti-conseguenziali. Quello del primo è aumentare la tecnica e quello della Filosofia è invece di aumentare la nostra conoscenza sulle conseguenze proprio di un capitalismo estremo.

Ed è un caso il voler allontanare la cultura dai cuori delle persone? Forse la Filosofia ci permette di conoscere l’autodistruzione che si cela dietro un materialismo sterile fatto di pubblicità sgargianti che in realtà sono portatrici di nulla?

Non ci permette la Filosofia, di rispondere al nichilismo della tecnica? Fattori già messi in luce da pensatori passati – ma non troppo – come Heidegger che considera la tecnica come la causa che ci ha fatto perdere il senso delle cose.

Ormai tutto è fatto per un uso momentaneo e determinato: relazioni lampo, lavori determinati, amori brevi, genitori ad intermittenza. Tutto dura meno di un secondo, tutto è utile e necessario fino a che qualcosa non brilli di più.

Spinoza, vivendo il suo tempo, ricercava la libertà di filosofare, quella che oggi ci vogliono strappare via, altrimenti non faremo bene il nostro lavoro da marionette scevre di sogni.

Vattimo in un’intervista sostiene che la diminuzione dello studio della Filosofia ci porterebbe verso una disumanizzazione. Emblematica è la risposta circa la sua utilità:

La filosofia serve a non farsi dirigere nella visione del mondo […]. È una messa in ordine sulla vita e su noi stessi.

E citando Husserl, conclude:

Husserl diceva che studiare la filosofia è come fare di professione l’essere umano.

Fare Filosofia oggi, o più in generale, seguire una propensione umanistica, è difficile e duro perché significa avere a che fare con domande del tipo: “Cosa ci farai dopo?”.

O ancora, la più delicata di tutte: “Quindi hai deciso di nutrirti di cultura al posto del pane?”.

Sul momento è forse vero che di cultura non ci si ciba, ma a lungo termine siamo certi che la cultura non paga? Siamo certi che conta più produrre all’infinito piuttosto che vivere nel senso più ampio di questo termine? I giovani oggi percepiscono un malessere generale, siamo l’epoca con i maggiori comfort, ma con la minore felicità d’animo. Riscoprire la Filosofia oggi è importante per ritrovare il senso perduto di noi, è la risposta ad una sfida prettamente umana di tornare a vivere per Vivere.

Fare Filosofia oggi vuol dire avere il coraggio di proteggere qualcosa che si ama, dare senso di essere alla caratteristica primaria dell’uomo: il pensiero.

La filosofia è il sapere più nobile, proprio perché non serve a nulla ed è quindi priva del legame di servitù.[4]

Questa è la risposta che ho imparato a dire a quelli che, chiusi in un grigiore di orologi, mi rivolgono le domande sopra esposte e proprio questa libertà fa paura a un sistema che ci vuole legare di nascosto. Riscoprendo la Filosofia avremo modo di riscoprire il senso delle parole, e la loro potenza: la Filosofia ci mette in guardia dal linguaggio che utilizza chi, con la scusa del saper fare bene, ci governa.

Ritrovare il Senso ci permette di non diventare schiavi di un sistema che ci vuole attenti a una finzione fatta di profumo che sfuma via perché in realtà non esiste.

L’intento celato – ma non troppo – dietro queste righe è che, lo studio dell’essere umani dell’essere umano, la cultura generalmente intesa, è un processo che non ha a che fare con la mera scelta universitaria, ma è ciò che ognuno di noi dovrebbe attuare quotidianamente per non ridursi ad essere macchine, ma essere eterni nella nostra finitezza.

Quello che auspico per l’umanità, vivendolo sulla mia pelle, è ritrovare la bellezza dentro un libro, capire che il sapere non è un’accumulazione di nozioni fine a se stessi, ma che la conoscenza ci rende capaci di applicarci alla creazione di un nostro pensiero. La Filosofia non è fatta solo di nomi, autori, e pensieri astratti, come erroneamente troppe volte si crede, ma la Filosofia è fatta dell’abilità di Filosofare, ovvero acquisire gli strumenti utili per la nostra vita cognitiva, e non solo. Non a caso Hannah Arendt la definiva come “La vita della mente”.

Nelle scuole si dovrebbe porre l’accento sul fatto che la cultura è uno strumento che l’insegnante consegna al proprio allievo. In altri termini: il maestro è quella figura importante che insegna all’allievo che la cultura è ciò che in futuro lo porterà “a pensare”.

Riscoprire la Filosofia per ricercare il senso perduto è ciò che ci permetterà di difendere la nostra libertà di creazione di pensiero e non solo adattamento a uno già preesistente.

Tutti quelli che studiano – per scelta universitaria o solo per amore del sapere – la Filosofia, lo fanno perché vogliono rimanere aggrappati “ai peli del coniglio [5] per vivere nel mondo senza arrivare ad abituarsi ad esso, ma esistendo “consapevolmente“.

Ognuno è potenzialmente un Filosofo e sono certa che ognuno di noi ha la percezione che questo mondo dovrebbe dargli di più. Solo accostandoci alla cultura, solo chiedendo più a noi stessi, potremo realizzare la nostra umanità.

O sono irrimediabilmente incosciente, o estremamente libera, ma io propendo più per la seconda.

Ogni giorno si fa chiara nella mia mente l’immagine di un uomo-automa che ha distrutto il senso più profondo del «sapere aude»[6] kantiano e quella di un mondo che si occupa dell’aspetto quantitativo-produttivo del tempo, trascurandone la qualità.

Fare Filosofia oggi, nel senso di un vero cammino di riflessione, significherebbe ridare vita alla Vita. Eppure, per qualche ragione – sconosciuta e non – preferiamo immergerci in una maratona quotidiana, in cui non ci sono premi finali che resistano al tempo, non ci sono traguardi da tagliare, ma soprattutto non c’è nessuno che ci aspetta alla fine di questa corsa.

Siamo “l’era del narcisismo,[7] siamo gli insensibili che reificano le persone.

Vogliamo apparenza e fuggiamo l’essenza.

Siamo soli e non lo sappiamo, e quando ce ne accorgiamo, non facciamo comunque nulla per abbattere le mura dell’indifferenza.

L’importanza della Filosofia risiede nel rendere l’occhio critico, nel parlare con le mille e più sfaccettature della realtà, nello spalancare il cervello e rendersi conto dell’annichilimento in cui viviamo.

La Filosofia oggi fa paura perché permette di Pensare il diverso, l’estraneo, o più semplicemente, di pensare. Ha l’importanza di farci fuggire dall’omologazione, e ci chiede di essere diversi, accettando ogni colore discordante dal nostro. La Filosofia, come la letteratura, come tutto ciò che concerne lo studio della dimensione tipicamente umana, ci spinge a reinventarci quotidianamente.

Riscoprire la Filosofia vorrebbe ridare vita al Senso perduto attraverso la riscoperta della dimensione tipicamente umana fatta di materie che mettono a nudo l’anima di ognuno di noi.

È lecito chiedersi se il progresso non sia solo una scusa che il nostro mondo utilizza per relegare agli antipodi una materia che in passato veniva considerata portante. Forse il mondo vuole mirare alle fondamenta del nostro essere umani, distruggere la nostra ragione, la nostra capacità di pensiero, ciò che ci fa essere ciò che siamo.

E non possiamo concludere il nostro filosofare senza una domanda, naturalmente provocatoria: non ci vorranno mica ignoranti?

Si può vivere senza musica, senza gioia, senza amore e senza filosofia.

Ma mica tanto bene.

Vladimir Jankélévitch

 Vanessa Romani per MIfacciodiCultura

[1] Cesareo V. e Vaccarini I., (2012), L’era del narcisismo, Franco Angeli Edizioni, p. 115
[2] C. Lasch (1979). La cultura del narcisismo. Bompiani. 2001, p. 90
[3] Platone (IV secolo), La Repubblica, Laterza, 2007
[4] Aristotele
[5] J. Gaarder, Il mondo di Sofia, Longanesi, p. 25
[6] I. Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?, in Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto di Immanuel Kant, a cura di Norberto Bobbio, Luigi Firpo e Vittorio Mathieu, Torino, UTET, 1965, p. 141.