Wislawa Szymborska

C’è chi ha ripreso una sua poesia per arricchire una canzone, come Jovanotti e Roberto Vecchioni, e chi l’ha resa una protagonista indiretta in alcuni film, come Ferzan Özpetek, e chi l’ha celebrata dopo la sua morte in televisione leggendo alcuni suoi componimenti, come ha fatto Roberto Saviano. L’autrice omaggiata e apprezzata in queste e in molte altre occasioni nel corso degli anni è Wislawa Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia 1° febbraio 2012).

Nata nel 1923 a Kórnik, la famiglia si trasferisce presto a Cracovia: questo sarà il luogo più rappresentativo della vita della poetessa, in quanto scenario della sua crescita, dei suoi studi, del suo lavoro, dei suoi affetti. La sua formazione prevede inizialmente il diploma presso il liceo delle Orsoline, conseguito in parte clandestinamente a seguito dello scoppio del secondo conflitto mondiale. Dalle conseguenze letali di quest’ultimo, comprendenti la deportazione, Szymborska riesce a scampare grazie al suo lavoro nelle ferrovie. Nel 1945 si iscrive all’Università Jagellonica: inizialmente si iscrive alla facoltà di Lettere, dove approfondisce la letteratura polacca, per poi passare la Sociologia. Lascia tuttavia l’università nel 1948 per le sue scarse possibilità economiche.

Negli stessi anni fa comunque il suo ingresso nel mondo culturale di Cracovia, specialmente in alcuni circoli letterari. Si dedica infatti sempre più spesso e con costanza alla scrittura di poesie, pubblicate soprattutto su quotidiani. Il suo esordio ufficiale come poetessa avviene nel 1952 con Dlatego zyjemy (Per questo viviamo). Questa raccolta e la successiva, Pytania zadawane sobie (Domande poste a se stessi), del 1954, si distinguono anche per la forte componente politica che la poetessa pone alla base. Nel 1951 infatti Szymborska si iscrive al partito comunista e nei suoi componimenti segue la linea del “realismo socialista”, per cui cita ed elogia personaggi quali Lenin e Stalin. Tuttavia, prima della sua morte la poetessa ha definito questo periodo della sua vita come caratterizzato da una serie di “peccati di gioventù”, motivo per cui in seguito ha preferito mantenere un certo distacco da qualsiasi schieramento culturale e politico.

Wislawa Szymborska col Premio Nobel

Dagli anni ’50 comincia a ricevere una lunga serie di riconoscimenti. Il primo, il premio “Città di Cracovia”, inaugura una serie di viaggi all’estero finanziati in parte dal Ministero della Cultura. Szymborska si reca inizialmente a Parigi, dove aggiunge agli impegni presi già con altre riviste quello presso il quotidiano Cultura.

La sua poetica si diffonde sempre più maggiormente con la nuova raccolta intitolata Wolanie do Yeti (Appello allo Yeti). Molti considerano questo il suo vero debutto letterario, in quanto Wislawa Szymborska comprende quanto il suo sguardo debba allontanarsi dai contesti politici per rivolgersi al quotidiano, all’universo di ciascun individuo, nonché a sé stessa.

Ho sempre guardato a tutta la sfera terrestre con la sensazione che ancora in altre parti del mondo si svolgono fatti terribili. Ma dopo una crisi profonda negli anni ’50 ho capito che la politica non è il mio elemento.

Nel 1966 infatti restituisce la tessere del partito comunista, cosa che metterà a rischio il suo lavoro in alcune riviste. Il periodo si rivela comunque uno dei più fiorenti per la maturazione di se stessa e della sua poetica. Szymborska intuisce infatti che la vera ricerca da perseguire è quella verso la semplicità, la spontaneità. La vita è quanto di più imprevedibile e straordinario ci possa essere: l’uomo è circondato da delusioni, soddisfazioni e da molteplici sfumature. Per questo Wislawa utilizza la poesia come una lente di ingrandimento per aiutare se stessa e gli altri, con incisiva ironia, ad affrontare e ad accettare con positività ogni momento.

La sua produzione poetica le vale in seguito onorificenze quali il Premio Goethe, la laurea honoris causa dell’Università di Poznana e, nel 1996, il Premio Nobel per la Letteratura. Di fronte a quest’ultimo Szymborska si rivelò tanto sorpresa che pronunciò una delle più autentiche e spontanee dichiarazioni di poetica.

I poeti, se sono genuini, devono anche continuare a ripetere “Io non so”. Ciascuna poesia sottolinea lo sforzo di rispondere a questa affermazione, ma non appena il punto finale tocca la pagina, il poeta inizia a esitare, comincia a realizzare che questa particolare risposta era solamente un rattoppo, assolutamente inadeguato oltretutto.

Gli stessi accademici svedesi motivarono la loro scelta elogiando la precisione ironica che Szymborska adottava per mostrare frammenti e scorci di realtà umana, rivolgendosi al lettore con una straordinaria empatia e ricchezza inventiva.

Wislawa Szymborska ha pubblicato le sue ultime raccolte poetiche nel 2001 e nel 2003, con i rispettivi titoli di Momento e Due ponti, prima di morire nel 2012.

Lei stessa usava definire la sua come una vita “priva di elementi drammatici” ma chi ha avuto la possibilità di conoscerla o di comprendere il vero valore della sua poesia, e del suo pensiero, sa bene che la sua è stata in realtà un’esistenza dedicata, con inesauribile curiosità, alla ricerca della vera identità umana, usando le parole per descrivere al meglio la sua vera essenza.

C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita. / È tutto in ordine dentro e attorno a lui. / Per ogni cosa ha metodi e risposte. / È lesto a indovinare il chi il come il dove e a quale scopo./ Appone il timbro a verità assolute, / getta i fatti superflui nel tritadocumenti, /  e le persone ignote dentro appositi schedari. / Pensa quel tanto che serve, /non un attimo in più, / perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio./ E quando è licenziato dalla vita, / lascia la postazione / dalla porta prescritta. / A volte un po’ lo invidio / per fortuna mi passa.

Maddalena Baschirotto per MifacciodiCultura