Tempo: elogiando il passato, sperando per il futuro

Mi è sempre sembrato piuttosto bizzarro
il fatto che dovremmo fare la fila
per vendere il nostro tempo a qualcun altro.
È una forma di schiavitù,
schiavitù volontaria.
Noi pensiamo che sia una grossa cosa,
ma è una follia.

Charles Handy

Tempo: elogiando il passato, sperando per il futuroUna bella citazione questa, ma forse non tutti l’hanno letta, forse molti si sono fermati solo a questa, mentre i più veloci audaci hanno guardato solo il titolo, senza nemmeno leggerlo.

Il tempo non scorre più, il tempo corre. I secondi sono importanti.
Passo velocemente le dita lungo la tastiera, fa nulla se il respiro accelera e io non mi sento tanto bene.

Le scadenze: ci sono tante scadenze da rispettare, non abbiamo tempo.
La sveglia che suona sempre troppo presto, per una vita che non si sveglia, non basta.
Non dovrei dormire, ma perché il mio corpo non mi sta dietro?
Il coniglio bianco di Alice non mi sorride, batte il piede velocemente ed è passato già un minuto da quando sono su questo foglio limpido. Un minuto è tanto, sono sessanta secondi, in decimi non lo so nemmeno dire, ma dev’essere davvero tanto un minuto.

Non abbiamo tempo da perdere, eppure quello che abbiamo ho come l’idea che non lo viviamo come dovremmo.

Il tempo è una delle possibilità più preziose che l’uomo possiede. Da tempi immemori l’essere umano si chiede cosa sia, non sapendo dare propriamente una risposta. Il filosofo Agostino diceva, infatti, di sapere cosa fosse il tempo fino a quando qualcuno non gli chiedeva di spiegarglielo: da quel momento non lo sapeva più. Nonostante questa fortuna che l’uomo possiede, non sa vivere il tempo, sa sfruttarlo, forse, ma in maniera nociva.

È un dato di fatto: non sappiamo vivere il tempo.

Guardiamoci intorno: tutti con la testa bassa, tutti grigi in giacche colorate.
Tutti con gli occhi dentro schermi fissi che ci confezionano una realtà, da non notare che la foglia che cade dall’albero ci saluta in questo nuovo giorno.
Non sorridiamo perché siamo ansiosi, siamo stressati della vita che abbiamo creato paradossale.
Una vita in cui il tempo va diluito nella vasca dell’apparenza e del consumismo.
Non possiamo “perdere tempo” e giocare con il nostro bambino, ma dobbiamo aggiornare il nostro “stato”, magari dicendo che siamo stanchi e che non abbiamo tempo di giocare.
E così perdiamo il tempo del nostro bambino, non gli chiediamo come sia andata la scuola perché siamo troppo presi dai nostri problemi, e arriveremo così un giorno a lamentarci, che crescendo, questi figli, si siano dimenticati di noi, senza riflettere su come siamo stati noi a dimenticarci di loro.

Tempo: elogiando il passato, sperando per il futuroMetà pagina, doppio del tempo e non ci siamo detti nulla e il tempo corre senza sosta e dobbiamo farci un selfie perché non possiamo permetterci di farci vedere che per un attimo non eravamo connessi.

Guardiamoci indietro, guardiamo il passato, quando la tecnologia non era la sostituita dalla realtà, quando in mano avevamo libri invece che telefoni, quando i sorrisi erano per il mondo e non per i social network.
Riflettiamo sul passato, quando non esistevano like a farci aumentare l’autostima, ma gli sguardi tra i banchi di scuola, quelli timidi e nascosti.

È un presente strano il nostro, un presente paradossale: un presente in cui lamentiamo la mancanza di un passato, ma non facciamo altro che inquinare il futuro.
Un presente fatto di una home che non è la nostra, perché una nostra non ce la possiamo permettere, noi abbiamo una home che facciamo scorrere con l’indice e guardiamo le varie vite, non chiedendoci più se quello che vediamo sia reale, sia autentico o sia coperto da un velo di maya.

Il passato dell’essere umano – come ovvio che sia – non è mai stato perfetto, anzi, l’uomo si è macchiato di colpe impensabili e terribili, di colpe che mettono in discussione questo nostro essere esseri umani.
Non abbiamo imparato da questo passato, lo abbiamo dimenticato, dimenticando anche quello che di positivo si era creato, come il riflettere su chi siamo e su come poter essere migliori.

Pensiamo alla Filosofia: una materia che era un modo di vivere e un modo di vivere bene in comunità.
Oggi la Filosofia è volutamente dimenticata, volutamente messa da parte: a chi fa comodo un cittadino che pensa criticamente?
A chi fa comodo un cittadino che ha la capacità di crearsi una propria idea?
A chi fa comodo un lavoratore che riflette sul concetto di libertà?
Abbiamo dimenticato del passato in cui ci guardavamo negli occhi e al posto di scritte fredde e rapide, c’erano le parole che legavano i cuori e le menti.

Immersi in questa realtà aumentata dimentichiamo la realtà in carne e ossa, quella fatta di mani che si sfiorano e lacrime asciugate e non fotografate. Con questo non si intende dire che il nostro presente sia tutto da buttare, come precedentemente scritto, infatti, non tutto il nostro passato ci rende orgogliosi, ma dovremo cercare di ripensare la nozione di tempo alla luce della volontà di saperlo vivere.

Tempo: elogiando il passato, sperando per il futuroDovremo imparare a perdere genuinamente il tempo per riscoprirci terribilmente umani.

Come zoon polikon, dal greco, gli uomini hanno il compito di elogiare quelle parti del passato che ci univano, non dimenticarle, al contrario riportarle e farle splendere in questo presente spento, così da poterlo vivere a dovere, così da poter giocare con i nostri figli, vederli crescere e insegnargli che la vita non è dentro uno schermo, ma fuori, in quel cielo che ci ama anche se noi lo inquiniamo.

Dovremo ricominciare a valutare il famoso otium come quel qualcosa che ci elevi, e non la pigrizia moderna di un’app sul telefono che ricorda per noi e pensi al posto nostro.
Non da ultimo, dobbiamo sperare per il nostro futuro, che può essere costruito solido solo a partire da un ripensamento generale di questo tempo veloce.

Noi esseri umani siamo biologicamente lenti, ed è questa lentezza che ci rende unici, e dimenticandola per far spazio alla velocità, non facciamo altro che inquinare il futuro.

Vanessa Romani per MIfacciodiCultura