Non vi è nulla di più semplice, per chi si occupi di letteratura, che parlare di Jorge Luis Borges, autore dalle tematiche, allegorie e opere talmente alte e rarefatte che chiunque, noi compresi, si sente in diritto di commentare. La comprensione di Borges è palesemente così ardua che ai suoi lavori – ricordiamo per inciso che fu poeta, saggista, romanziere e autore di racconti – sono stati classificati come fantastici, fantasy addirittura, e financo gialli (sospettiamo, con un intento stimolato dallo stesso Borges e non poco derisorio). È ben vero che la letteratura di Borges è anche fantastica, ma forse molti fraintendono l’aggettivo, scambiando per elogio (“Questo libro è fantastico”), quella che dovrebbe essere un’appartenenza di genere (“Questo racconto si ascrive al genere del fantastico”) attribuita da un complemento di specificazione. Così, anche un volume come A/Z finisce per essere ascritto a questo peraltro nobile genere; complice anche lo sperimentalismo insito nel suo autore, che ce lo pone sul piano dell’OuLiPo di Queneau e del Calvino di Se una notte d’inverno un viaggiatore (tra gli altri).

O di Paul Auster, per dire di Trilogia di New York, che altrimenti non potremmo definire se non “giallo sperimentale”. Ma A/Z, titolo da compagnia aerea o da dentifricio, non si può definire di genere fantastico se non con uno sforzo davvero titanico di fantasia (che la chiave di lettura stia proprio qui?). Si tratta invece di un lavoro sulla scorta del Dizionario delle idee comuni di Flaubert, in ambo i casi, trattasi di raccolte di idee in ordine alfabetico, a costituire una sorta di enciclopedia.

Il labirinto, un archetipo tematico di Borges

Operazione che ognuno di noi può fare, try this at your home, semplicemente: con il particolare, ovviamente, che in questo caso sono le idee di Borges a trovare un ordinamento A/Z, e quindi vengono spesso a coincidere con le tematiche proprie dell’argentino, o anche con una sorta di mini recensioni a altri autori, o ancora di diario personale, intellettuale e politico. Insomma, A/Z è una “Guida a Borges”; e anche lo stile borgesiano, immaginifico, complesso, articolato, riceve una maggiore accessibilità dall’ordine alfabetico e dal titolo: Borges for Dummies, potremmo anche dire.

Così, con lemmi che vanno da una lunghezza inferiore alla riga fino ad un massimo di un paio di facciate (cosa che rende la raccolta diversa da una silloge di aforismi), ci viene esposto in modo didascalico il pensiero di Jorge Luis Borges riguardo a Hemingway, il labirinto, gli specchi, le tigri, Juan Peròn, la cecità e la causalità, il romanzo, la morte, i movimenti letterari, l’Aleph, l’amicizia, la bellezza, Ray Bradbury, la biblioteca, la donna, il denaro, la poesia, la metafora, Amleto, Macbeth, l’Argentina, l’imprecisione, l’indigenza e quant’altro. Il tutto, in un rincorrersi di paragrafi, pagine, aforismi e persino poesie: come nel caso della vecchiaia, che «può essere per noi il tempo più felice», dato che

Posso infine scordare.

 Giungo al centro, alla mia chiave, all’algebra,

al mio specchio.

 Presto saprò chi sono.

Esiste un legame sottile che unisce Borges a Philip Roth, ed è la mancata assegnazione del Premio Nobel, che ovviamente ha un suo lemma; e c’è un fil rouge con Raymond Carver circa l’idea che fondamentalmente il racconto sia superiore al romanzo: «Non vedo una letteratura senza racconto o poesia, mentre un romanzo di quattrocento, cinquecento pagine può benissimo sparire». E però, per quanto intrinsecamente quest’ultima sentenza ci trovi d’accordo, nondimeno essa ci serve da spunto per una riflessione laterale: ossia, che questo A/Z è anche una fantastica (ehm…) quanto involontaria dimostrazione dell’umanità che risiede anche nell’artista di maggior valore, che in parte si avvale di un autodiretto principio di autorità (più o meno inconsapevolmente), in parte comunque sentenzia in modo parziale, superficiale, umorale, e ce lo restituisce in modo più umano di quanto si tende a raffigurarsi un intellettuale di livello inarrivabile, come ci mostra ad esempio il lemma sul suicidio: «Il suicidio non mi sembra un male; al contrario, converrebbe che  si suicidasse molta più gente».

Borges e lo specchio, tema ricorrente

In un certo senso, A/Z è un’operazione quasi destinata ad un popolo di followers più che di lettori: eppure è estremamente interessante, per la possibilità di lettura agile, come sorta di summa teologica ed infine appunto come umanizzazione, intesa come lettura “verso il basso”, del genio («Quando ci si imbatte in un genio, bisogna rassegnarsi»: perfetto aforisma) che mostra alcuni limiti e superficialità.

Perché, che dire quando, a proposito degli italiani, Borges afferma «Per esempio, non ho conosciuto nessun italiano stupido»? Che evidentemente dal 1986, data della morte di Borges, la percentuale deve essere aumentata in modo esponenziale, se prima era tanto bassa da non essere percepibile. Oppure che anche Borges si è lasciato trarre in inganno da una forma di astuzia, quella sì endemica e scambiabile per intelligenza. E molto altro. Forse è meglio limitarsi ad un Obrigado, señor Borges.

Vieri Peroncini per MIfacciodiCultura