Donato Bramante fu una figura emblematica del panorama artistico italiano del 1500. Pittore e architetto, divenne punto di riferimento per architetti come Andrea Palladio.

Donato “Donnino” di Angelo di Pascuccio detto il Bramante nacque nel ducato d’Urbino (la natalità è contesa da Fermignano e Casteldurante) nel 1444. Gli anni della formazione, cruciali per la conoscenza e la comprensione dei modelli a cui si ispirerà per tutta la sua vita, sono anche i meno documentati. Il giovane Donato si forma nelle botteghe di Montefeltro, centro nevralgico dell’attività culturale del ducato. Qui probabilmente lavorò a stretto contatto con Piero della Francesca, conobbe artisti come Luca Signorelli, Pinturicchio e Perugino e, in seguito a viaggi in Lombardia, apprezzò l’arte di Andrea Mantegna. I suoi primi disegni sono caratterizzati da un forte classicismo: nel Nudo Maschile la figura è colta in avvitamento, le membra sono tese, la definizione anatomica è esemplare e il corpo è accarezzato da un leggero chiaroscuro.

Tempietto di San Pietro in Montorio

Forte delle conoscenze acquisite, ben presto Bramante decide di lasciare il ducato alla volta di nuove esperienze nelle corti italiane. La sua più intensa attività si concentra in due fasi fondamentali: la fase milanese a cui segue il periodo romano. Dopo un’esperienza a Bergamo, dove affresca il Palazzo del Podestà con immagini di filosofi e inquadrature architettoniche, nel 1478 lo ritroviamo nella Milano sforzesca, già dotato di buona fama. Vi rimarrà fino al 1499. Milano diventa per lui un luogo fondamentale di crescita artistica: adatta progressivamente l’uso della prospettiva di Piero della Francesca e il classicismo dell’Alberti ad una nuova idea di razionalismo architettonico, mirando al pieno superamento del Medioevo nel campo dell’architettura (ancorata al passato molto di più della pittura). Si oppone, pertanto, al ritorno in auge del Gotico che in quegli anni stava caratterizzando la città Lombarda, proponendo un classicismo illusionistico che trova un fondamentale esempio nel finto coro della chiesa di Santa Maria presso San Satiro. La chiesa, ricostruita tra il 1482 e il 1486, consta di un corpo longitudinale a tre navate e di un transetto. La volta a botte culmina in una cupola emisferica cassettonata al crocevia tra transetto e corpo centrale. Tuttavia, la mancanza di spazio lungo il fianco del transetto impediva di realizzare il coro, contro i canoni architettonici tradizionali (per cui la cupola necessitava di ampie strutture tutto intorno per contrastare le tensioni da essa generate. Il problema fu risolto con un trompe d’oeil: sulla parete di fondo fu dipinto un finto coro prospettico. Architettura e arte si fondono armonicamente, come nelle antiche pitture romane si creavano sfondi architettonici fittizi. Negli anni milanesi divenne grande amico di Leonardo da Vinci e architetto di Ludovico il Moro. La lettura del trattato di Vitruvio lo orientò verso una concezione sempre più massiccia e classicheggiante delle strutture architettoniche. Ciò è evidente nella Tribuna di Santa Maria delle Grazie (1492-1495) dove, rifacendosi ai principi rinascimentali della “divina Geometria” neoplatonica, ispirandosi alla sagrestia nuova di Brunelleschi, dispone armonicamente le absidi intorno al tiburio, rispettando pienamente la pianta centrale.

Cristo alla colonna

Dopo la conquista francese del ducato e la cacciata di Ludovico il Moro, nel 1499, Bramante lasciò Milano per stabilirsi a Roma. Dallo studio dei monumenti romani nasce quella maturazione stilistica che si ritrova nel Tempietto di San Pietro in Montorio, commissionato nel 1502 dal re di Spagna. Esso ricalca la forma degli antichi templi peripetri circolari e presenta un fregio dorico con metope a tema liturgico. Il classicismo tuttavia si rinnova nella commistione di elementi greci e tuscanici e nel gioco di pieni e vuoti che si crea con le nicchie conchigliate. Con l’elezione di papa Giulio II, Bramante ne divenne stretto collaboratore, tanto da essere onorato dall’incarico di progettare la ricostruzione della Basilica di San Pietro. Il progetto, che consisteva di un grande edificio a pianta quadrata absidata sormontato da una cupola centrale, con quattro cupole più piccole e quattro torri, fu realizzato solo nei piedritti e gli archi della cupola, per essere poi sostanzialmente modificato da Michelangelo.

Dai suoi progetti e dai suoi lavori emerge una figura poliedrica, un artista pienamente consapevole dei mutamenti culturali della sua epoca e capace di impiegare gli insegnamenti dell’arte del passato per attuare un rinnovamento dell’architettura. Le strutture architettoniche di Bramante si staccano dal peso del Medioevo e ancora oggi sorprendono l’osservatore come le prospettive di Piero della Francesca e le rese anatomiche del Mantegna.

Chiara Di Giambattista per MIfacciodiCultura