«La lontananza che rimpicciolisce gli oggetti per l’occhio,
li ingrandisce per il pensiero.»
Da quasi un anno ci sono parole che sono entrate a far parte del nostro parlare quotidiano: lockdown, quarantena, coprifuoco e il discusso termine distanziamento sociale. Dall’inglese social distancing, la locuzione, posta sotto i riflettori da questo lungo periodo di pandemia, è composta dal termine distanziamento e dall’aggettivo sociale. Questa locuzione non è presente nei dizionari sincronici, è stata infatti solo recentemente inserita tra i Neologismi 2020 di Treccani definita nel dettaglio come:
«L’insieme delle misure ritenute necessarie a contenere la diffusione di un’epidemia o pandemia, come, per esempio, quarantena dei soggetti a rischio o positivi, isolamento domestico, divieto o limitazione degli assembramenti, chiusura delle scuole, ecc.»
Si comprende dunque che, con il termine “distanziamento sociale”, si intende l’adozione di tutte quelle misure che garantiscano un distanziamento fisico tra gli individui al fine di contenere il contagio da Covid-19. I dati che emergono da Google Trends affermano la rapida diffusione del termine distanziamento sociale a partire dalla fine di febbraio 2020. Pensiamo infatti all’uso frequente di questo termine in rete, nei quotidiani, nelle televisioni. Non solo: in tutti i DPCM non manca l’utilizzo di questa locuzione.
All’aumentare dell’utilizzo, è aumentato anche il dibattito sull’inadeguatezza dell’aggettivo sociale accanto al termine distanziamento. La discussione, inizialmente nata in ambito linguistico, si è estesa poi ad altri livelli, coinvolgendo sfere quali quelle politiche e socio-culturale. Che il linguaggio, e quindi le parole, fossero fondamentali era chiaro, se non a tutti, quantomeno ai più, ma questo neo-dibattito è la conferma di quanto il linguaggio abbia un forte impatto sulla realtà. Al centro della questione vi è il fatto che il concetto di “distanziamento sociale”, per quanto in ambito epidemiologico e scientifico indichi lo stare fisicamente distanziati, sulla realtà quotidiana ha effetti negativi.
Le neuroscienze mostrano e dimostrano quanto il linguaggio sia in grado di modellare il nostro cervello e quindi, il nostro modo di pensare e di agire è fortemente influenzato dal linguaggio. Per quanto quindi, a primo impatto, un dibattito sull’utilizzo di un termine può sembrare banale o irrilevante a confronto alla situazione pandemica che si sta vivendo, considerando l’influenza delle parole nella nostra vita quotidiana, si comprende quanto questa discussione assuma un’importanza differente.
L’Accademia della Crusca, rispondendo ai dubbi dei suoi lettori, difende la socialità e la trasparenza del linguaggio, spingendo dunque all’adozione di un altro termine per indicare la necessità di evitare assembramenti e mantenere una distanzia spaziale: distanziamento fisico. L’adozione di questo termine, al posto di quello che utilizza l’aggettivo socialità, permetterebbe così di non rimandare a concetti che invece sono propri della sociologia, creando in qualche modo ambiguità e confusione. Nell’ottica quindi di adottare sempre un linguaggio trasparente e che da subito dia l’idea di quanto si voglia trasmettere, il termine distanziamento fisico è quello più adatto per far comprendere a tutti che quanto si richiede ai fini di un contenimento del contagio, sia una distanza dall’altro puramente fisica, e vista l’era dei social network in cui viviamo, non potrebbe essere altrimenti.
L’articolo dell’Accademia della Crusca è molto esaustivo e interessante perché analizza entrambi i termini – distanziamento fisico e distanziamento sociale – offrendo quindi al lettore una panoramica molto ampia dell’uso degli stessi nel corso della pandemia. È qui che infatti si sottolinea il fatto che l’ambiguità tra i due termini, è stata accresciuta dall’uso impreciso che ne è stato fatto nel corso di questo periodo, basti pensare che l’uso del termine distanziamento sociale è stato impiegato in associazione alla chiusura di determinate attività al fine di evitare assembramenti. In altre parole: se in ambito epistemologico e scientifico, l’uso di stanziamento sociale, indica il mantenere distanza fisica tra individui, nel quotidiano è stato impiegato nel descrivere le misure attuate dai governi per limitare il contagio. Così facendo, utilizzando quindi impropriamente il termine, è stata creata ambiguità e quindi accesa una discussione su quello più adatto da adottare.
Riassumendo brevemente quanto dunque sostiene l’Accademia della Crusca, meglio l’utilizzo di distanziamento fisico dal momento che indica in modo più diretto:
«il risultato delle misure di distanziamento sociale nel momento in cui queste, attraverso l’indicazione della distanza fisica di sicurezza di almeno un metro, hanno come scopo ed effetto ‘l’allontanare fisicamente, il mettere distanza fisica tra le persone’, il distanziamento fisico e, in questo caso, non sociale.».
Vanessa Romani per ArtSpecialDay
Vanessa Romani
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